Laddove i Weather Report finirono, altri presero il filo e proseguirono il discorso musicalmente rivoluzionario scaturito dal lungo sforzo collettivo di una band eccezionalmente dotata e storica. Potremmo dire, tagliando con l’accetta, con i dovuti sottili e necessari distinguo, che gli eredi di maggior rilievo del discorso WR furono:

1) I ‘Tribal Tech’ per la parte più tecnologica, sanguigna, aggressiva, cervellotica  e rockeggiante
2) Gli ‘Steps Ahead’ per il tentativo di contaminazione tra jazz ed una insolita, sciolta maniera di interpretare sia gli standards che i nuovi brani; tentativo riuscitissimo negli anni, grazie anche al contributo dato da un eccezionale trust di cervelli musicali che si sono avvicendati nella band, nata senza mire commerciali, partendo dal Giappone che chiamava a gran voce prodotti ‘fusion’ nei primi ottanta e senza un progetto precisissimo in mente.
3) Gli ‘Yellowjackets’ http://www.yellowjackets.com/discography/YJ  (salvatevi il link per ascoltare gli MP3!) che sono partiti da un ‘rockettino energico’ alla Tom Scott & L.A. Express o giù di li, con molto rockblues, nel primo disco in cui era presente Roben Ford, membro fondatore. Passando poi per FM music subito dopo, approdando ad una piena maturità che li porterà a sviluppare dei veri capolavori come quello in questione.

Questo è  un altro di quei gruppi che, una volta sentito un disco, te li devi comperare tutti pian piano. La formazione attuale (2006) include Russell Ferrante alle tastiere, Jimmy Haslip, bassista mancino ma con… corde rovesciate, Marcus Baylor  alla batteria e Bob Mintzer ai fiati.  Però i musicisti titolari che hanno inciso Greenhouse sono: Haslip, Ferrante e William Kennedy alla batteria, con vari ospiti a corredo tra cui Bob Mintzer che nel 1991 (come vola il tempo!) cominciava a razzolare attorno all’idea di una membership stabile.

La musica proposta dai ‘ragazzi’ è raffinatissima, ha amplissime zone di overlap con il jazz modern mainstream, recepisce in pieno il discorso melodico portato avanti dai più scaltri singers americani vicini al jazz (Michael Franks, Joni Mitchell, Steely Dan etc.)  ed infatti presenta spesso una  due tracce cantate in ogni disco; purtuttavia risulta di difficile inquadramento per gli scaffali del negozio di musica… scrupoloso. La goduria è somma per tutti coloro che vanno genuinamente a caccia di chicche o grosse novità e resta inalterata nel tempo ascoltando qualsiasi disco del gruppo, a testimonianza del fatto che se un’opera è buona resta tale; punto e basta. Poche flessioni nella discografia del gruppo e comunque sempre ben al di sopra della sufficienza: Live Wire? Mint jam? Guardacaso entrambi i dischi dal vivo sono forse i più deboli da un punto di vista ‘appeal’ audio! Forse perché la produzione, la scena ‘sonora’ dei dischi è così curata, equilibrata e soddisfacente che le pur oggettive doti tecniche dei musicisti non aggiungono valore ai brani nell’esecuzione live.

erché, nella vasta discografia degli Yellowjackets, recensire per primo questo disco? Semplicemente perché sta ‘in mezzo’ alla produzione e contiene elementi caratterizzanti del primo periodo e consistenti ‘semi’ dei dischi futuri, più spostati verso il jazz e dove Bob Mintzer, appena subentrato come semplice ospite a Marc Russo, comincia a guadagnarsi i galloni sul campo, risultando in futuro essere il centro tonale degli esperimenti compositivi armonici e melodici della band.
Una piccola curiosità: il nome YELLOWJACKETS (teribbile, nun se po’ sentì) venne scelto abbastanza rapidamente, agli esordi, per un engagement uscito fuori all’improvviso e da dover quindi soddisfare a volo; questa scelta faceva riferimento ad alcuni giubbotti gialli che i musicisti, all’epoca giovanissimi, erano soliti indossare e che li facevano assomigliare a delle… api! Poi, gli anni passano in fretta, i dischi e la musica maturano; ma il nome ti resta appiccicato!!!
Da segnalare, a corredo, anche il bellissimo disco di Marc Russo, come accennato sopra, uscito dalla band una quindicina d’anni, fa proprio prima di Greenhouse “The window”,; i due bellissimi di Jimmy Haslip: “Arc” e "Red Heat” ; la bio di Russell Ferrante , che produce, aiuta, scrive per altra gente ma è ‘di casa’ solo negli Yellowjackets; per poi accennare appena all’attività vastissima di Bob Mintzer.

I titoli del disco:  http://www.yellowjackets.com/discography/YJ/9   

1. Freedomland 
2. Greenhouse
3. Seven Stars
4. Indian Summer
5. Spirits
6. Brown Zone
7. Liam/Rain Dance
8. Invisible People
9. Freda
10. Peace

Non riterrei opportuno scrivere dettagli a proposito di ciascun titolo, solo perchè qui bisognerebbe parlare diffusamente non di ciascun brano ma… di ciascun disco degli Yellowjackets: un gruppo in cui la maturità e la democrazia regnano sovrane, a fianco ad una enorme quantità di idee e di sereno sviluppo dei brani, affidati ora ad una voce solista ora all’altra, ove spesso conduce il discorso melodico un Jimmy Haslip che da anni è un punto di riferimento per tutta una scuola di bassisti e che è caratterizzato dal fatto di suonare in maniera singolarmente proficua un basso (spesso fretless) con il si basso vicino al pavimento e i cantini al soffitto!!!! A tal proposito ritengo necessario (doveroso!) menzionare almeno i titoli ufficiali:

Yellowjackets 1981  (il primo. Molto rock blues, grazie a Robben Ford; da preferire l’edizione con extratracks )
Mirage A Trois 1983 
Samurai Samba 1985 
Shades 1986  (inizia decisamente l’ abbrivio sul versante parajazzistico)
Four Corners 1987 
Politics 1988 
The Spin 1989 
Greenhouse 1991 
One Music 1992 (accreditato a Bob Mintzer, ma di fatto un disco pienamente Yellowjackets: mirabilie!)
Live Wires 1992  (live).
Like A River 1993
Run For Your Life 1994 
Collection 1995   (un ‘best of’; da evitare se vi piacciono e se prima o poi ve li fate tutti)
Dreamland 1995 
Blue Hats 1997 
Priceless Jazz 1998 (altra collezione, stesso commento)
Club Nocturne 1998 
Best of Yellowjackets 1999 (idem con patate)
Mint Jam 2001 (doppio live)
Time Squared 2003 
Peace Round: A Christmas Celebration 2003 
Altered State 2005 
Twenty-Five 2006   celebrazione venticinquennale del ‘mito’. Se siete pigri per cercarvelo nel collegamento home page della discografia di cui all’inizio, vedete il link appresso per ascoltare gli Mp3: vi daranno un’ idea.  http://www.yellowjackets.com/discography/YJ/24 
 
Se ve lo comperate, fatemelo sapere che… questo al momento mi manca: aspetto che cali di prezzo ;-) !!!!!

Una menzione a parte, decisamente necessaria per il disco ‘laterale’ inciso nel 2003 dagli Yellow Jackets: “Peace Round” in cui sono eseguiti brani natalizi in chiave jazz soffusa e personalissima, con in aggiunta, alla fine, ‘In a silent night’ quale fusione tra ‘Stille nacht’ ed ‘In a silent way’, quale dovuto omaggio al maestro Zawinul, fondatore di Weather Report, il, gruppo cui la band deve moltissimo. 

Ultima cosa: su Amazon il disco è in vendita sul marketplace a partire da... 3 dollari!!! Comperatevelo, magari fidandovi delle orecchie ancora non totalmente appassite del sottoscritto e scoprite una nuova addiction: Yellowjackets forever!!!  ;-)    

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