OFFLAGADISCOPAX - SOCIALISMO TASCABILE
ovvero "piccole storie di ironia sintetica"

In Italia è fin troppo radicato il luogo comune che le avanguardie, alternative e non, provenienti dall'estero (fin troppo spesso gli USA) arrivino da noi in ritardo o in una versione "sfigata", che copia, accenna e italianizza maccheronicamente i tratti specifici degli artisti stranieri. Parlando di cantautori celebri o meno ci può anche far sorridere riconoscere in Renato Zero il David Bowie italiano, in De Gregori il Bob Dylan nostrano, in Faust'o gli Ultravox e, virando verso un panorama più televisivo (se dico scadente potrei essere accusato di snobismo), troviamo in Iva Zanicchi la Tina Turner della bassa padana*, nei Finley i Green Day di Hitlist Italia, i Gazosa erano gli Hanson made in Caterina Caselli, e ancora in Ligabue alcuni rintracciano il Bruce Springsteen "dei poveri".
Purtroppo conosco meno il panorama indie della penisola, ma sicuramente gli esempi non mancano, anche se voglio credere che questo processo sia più fluido, e si collochi in un contesto di riferimenti o ispirazioni più che di maccheronizzazione. Ecco quindi che dall'underground emiliano spuntano questi OfflagaDiscoPax, tre ragazzi che nel 2005 propongono, soprattutto attraverso la propaganda della blogosfera (altro fenomeno che merita un'analisi accurata come nuova forma di marketing capillare e democratico) il loro disco d'esordio "Socialismo Tascabile". Il tratto essenzialmente originale della loro musica sta nel coniugare musiche electro, new wave, a volte kraut a testi non cantati bensì recitati. In questa caratteristica purtroppo sta anche il limite della loro musica, che alla lunga ci potrebbe sembrare monotona e piuttosto rigida. A questo difetto però sopperisce la qualità delle liriche, che, pur contestualizzabili nella sinistra italiana anni '70, si discostano totalmente dalla militanza cieca e fanatica dei Modena City Ramblers, Punkreas e simili, e dondolano tra ironia poetica ("Cinnamon", "Tatranky"), ricordi di scuola ambientati in anni '80 immaginifici e mai retorici ("Kappler", "Robespierre") e critica -forse autocritica?- verso lo snobismo tipico del blogger artistoide alternativo ("Tono Metallico Standard"). A mio avviso la modalità recitativa della voce non lascia dubbi sulla spinta ironica di certi testi o sulla nostalgia simile all'epifania proustiana di altri ("Khmer Rossa"), così come il beat e la qualità tastieristica non lasciano alcun dubbio sui punti di riferimento stranieri, Kraftwerk su tutti (alcuni spunti antimelodici mi ricordano "Showroom Dummies"), o italici (i CCCP per esempio), a cui le tessiture sintetiche di chitarra e basso regalano un respiro del tutto originale.

L'ascolto di queste "prove tecniche di trasmissione" è prima di tutto consigliabile a piccole dosi, ponendo attenzione ai testi, ai racconti, più che agli spunti melodici, e infine è indicato per chi, come me, è mal prevenuto verso certi gruppi indipendenti attorno cui gira un certo hype internettiano e tendenzialmente di sinistra.

da "Tono Metallico Standard"

"Sento una bella canzone e gli chiedo chi è che canta. Con la solita faccia mi risponde col suo tono metallico standard e dice rassegnato: -è Mark Lanegan-, poi un lampo di vita di ridesta dai suoi pensieri troppo alti e scollegati e mi comunica deciso: -non credo che tu lo conosca: era il cantante degli Screaming Trees-.
Ora capisco: il mio aspetto ordinario gli trasmette ascolti deplorevoli. Ma io lo so chi è Mark Lanegan, arrogante bottegaio indegno della roba che vendi qua dentro, alternativo dei miei coglioni che quando io ascoltavo i Dead Kennedys tu nemmeno ti facevi le pippe. Me ne vado, me ne vado e lo odio"

*per alcuni di questi eccezionali paragoni si ringrazia Francesco B.

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