Sostengono in molti che questo disco abbia concluso gli anni grunge. Concordo pienamente. Non perché abbia costituito la cosa migliore di quella stagione come in molti ritengono, ma a mio avviso perché dimostrò che il grunge si era evoluto in qualcosa di mostruoso: un pacchiano AOR ad uso e consumo della brufolosa generazione MTV e dei giornalisti segaioli che seguivano il fenomeno . Questo disco infatti ha un suono pomposo, velato di schitarrate violente e inutili e di una insopportabile grandeur progressive che aveva riportato in vita i fantasmi di Emerson, Lake and Palmer.
Meloncolie è costituito da due cd, il “The Wall” degli anni 90 (cazzo!). Il primo elettrico, il secondo fatto di nauseabonde ballate super kitsch. Del primo cd si salva ben poco. Un po’ di grunge di terza mano, reso tronfio e pesante da sfumature AOR (“Bullet with butterfly wings”, “Zero”, “Muzzle”), i soliti Jane’s Addiction mischiati ai NIN in “Fuck you”, un discreto omaggio ai Grateful Dead (“Porcelina of the vast oceans”), e la prima ballata che già inizia a rendere soporifera l’atmosfera (“Tonight, tonight”). Tutto sommato un disco passabile, certo non ci sono asciutti bei pezzi del passato come “Snail” o “Cherub rock”, ma gli anni passano per tutti. Insopportabile poi la consueta voce urlata e gracchiante, manco uscisse da un citofono arrugginito.

Il secondo cd invece è davvero terribile, contiene una serie di merdose ballate, con arrangiamenti grotteschi che ci riportano nella dimensione di un progressive sterile e autocompiaciuto, che anche sconfina nell’AOR più patinato e bonjoviano: ascoltarsi “Thru the eyes of Ruby” o “In the arms of sleep”, anche se quello che davvero ci manda al tappeto è la serie di lenti : “33”, “Beautiful”, “Lily”, “By starlight” e la svenevole ninna nanna beatlesiana “Goodnight and farewell”, in cui Corgan dimostra di avere doti da songwriter davvero limitate. Il tutto condito da una voce estasiata, come se il chitarrista giapponese gli stesse strizzando le palle, o succhiandoglielo direttamente. A quel punto dormiamo già da un pezzo. Stendiamo poi un velo pietoso sui testi: Billy Corgan è sempre stato uno che se la spassava, ma ha con grande furbizia cavalcato il disagio giovanile del grunge (gente come Staley o Cobain soffriva davvero, e questo nella loro musica si percepiva, a prescindere dalla qualità della loro musica). Corgan, che notoriamente non ha mai avuto problemi se non come investire i suoi sfottuti dollari o come curarsi le emorroidi, che cazzo ha da lamentarsi???
E i suoi testi dimostrano ampiamente tale falsità, essendo di una banalità assoluta. Slogan da supermercato tipo: “Love is suicide”, “and I still believe that I cannot be saved”, “The endless drags of a death rock boy” o “God is empty just like me”. Vuoto o no, grazie a Dio si sono sciolti.

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