Il 1980 per il rock è sicuramente uno di quei numeri da dimenticare (un pò come il 1970 per le scomparse di Hendrix e la Joplin), visto che compare sulle tombe di celebri stelle della musica per indicare l'anno del trapasso a miglior vita per Bon Scott (19 febbraio), Ian Curtis
(18 maggio), John Lennon (8 dicembre) e il batterista dei Led Zeppelin John Bonham (25 settembre).

La sera del 24 settembre di ritorno dalle prove svoltesi a Windsor per l'ennesima tournèe americana, John Bonham trangugia diverse razioni doppie di vodka e succo d'arancia che provocheranno il vomito che lo farà soffocare.

Nonostante tutto a circa due anni dal fattaccio le vetrine dei negozi di dischi possono ancora sfoggiare un nuovo vinile marchiato Led Zeppelin. Naturalmente non può essere considerato come una nuova studio release a tutti gli effetti, ma più che altro un viaggio trasversale tra outtakes e tracce dimenticate (compresa una live version) che attraversa per intero i dodici anni di vita artistica di questa band.

Per iniziare "We're Gonna Groove" (cover di Ben E. King e James Bethea) che doveva essere inclusa in Led Zeppelin (II), è un buon rock blues ben adatto a riscaldare il pubblico, tanto da aprire i concerti dei primi mesi del '70. Il ruolo da prime donne è suddiviso equamente tra il percussore Bonham ed il fresco singer Plant (è il 1969 non dimentichiamolo), che già dimostra di saper pilotare ad arte la front line del gruppo. La tendenza verso atmosfere più cautamente solari rappresentate dal terzo capitolo discografico, è riportata a galla in "Poor Tom" dove l'harmonica e la dodici corde aiutano a confezionare un brano che si distingue per infondere tranquillità e serenità in chi ascolta. A ricordarci che le radici di una grande rock band decollano anche dalla strabiliante capacità di personalizzare i bani altrui, non poteva mancare il blues di "I Can't Quit You Baby" (le lyrics non sono le stesse di Willie Dixon), quattro minuti di eccitazione ed euforia che hanno il compito di racchiudere nella medesima magica dimensione musicisti ed ascoltatore. "Walter's Walk" che proviene dalle session di "House Of The Holy", ed al contrario dell'attenta attività di rifinitura di cui godono i brani inseriti in quel disco, si mostra diretto e senza fronzoli dal riff iniziale sino alla fine, dando la possibilità all'accoppiata Bonham/Jones di rimarcare il ruolo imprescindibile svolto e non certo secondario a quello di Page e Plant.

La seconda metà dell'album contiene i frutti delle sedute da cui è scaturito l'ultimo vero lavoro da studio dei Led Zeppelin, "In Through The Outdoor". Ad eccezione di "Bonzo's Montreux", uno strumentale concepito dall'insostituibile drummer con Page, su cui quest'ultimo si è divertito a giocare con un harmonizer, ci si lascia piacevolmente trascinare da una impetuosa successione di brani a partire dalla vitalità di "Ozone Baby" in cui la combinazione riff-strofa-ritornello risulta vincente sotto ogni profilo. Le capacità di Jones come polistrumentista possono essere apprezzate in quell'impostazione boogie data attraverso il piano a "Darlene", che permette a questo inquieto rock 'n roll di lasciare a Plant la chance (che non si lascia di certo scappare) di riversare con impeto un'incontenibile interpretazione vocale. "Wearing And Tearing" è la prova evidente che i nostri alla vigilia dello scioglimento erano ancora in condizione di tirar calci nel sedere a molti dei neo-eroi di fine decade chiamati punk, con una prestazione (che al di là dei limiti della qualità sonora) sbalorditiva, che arriva alle vostre orecchie con gli stessi effetti devastanti che ancora oggi avrebbe un gancio tirato alla testa da un campione del mondo dei pesi massimi.

"Coda" (che in linguaggio musicale significa FINE) rimane un disco discreto di certo non in grado di competere con alcuno dei lavori precedenti, che ha aiutato (pur consci che non ce ne sarebbe stato bisogno...) a prolungare la vita discografica degli Zeps anche negli anni '80, durante
i quali fin troppe volte si erano rincorse voci di possibili riprese di attività, che hanno lasciato non poca amarezza e tanta nostalgia per quelle controverse e poco fortunate esibizioni come il Live Aid del 1985 e tre anni dopo per il quarantennale dell'Atlantic.



Carico i commenti... con calma