La sostanza dei New Order è qui, assieme alle origini di molta della musica prodotta negli ultimi anni. Quando si dice new wave, disco, sinthpop, anni ottanta, e pure Joy Division, e pure contaminazioni tra post-punk ed elettronica, e quant'altro. Nomen omen: la sostanza.

"Substance", uscito nel 1987, è composto da due cd: il primo raccoglie i singoli di maggiore successo tratti dai quattro dischi precedenti e da sparsi EP, assieme ad alcuni ripescaggi che vanno a lambire l'era Joy Division ("Ceremony", tanto per fare un nome non a caso) e assieme ad un inedito ("True Faith"), prodotto assieme a Stephen Hague, che lancerà Sumner e compagnia bella nell'eden musicale di fine anni ottanta. Il secondo disco riunisce pezzi rari, versioni strumentali e qualche altro inedito nascosto che pone le basi per i New Order a venire ("Technique").

Una delle numerose cose sorprendenti di "Substance" è come riesca a raccogliere il nocciolo della band di Manchester, a rivelare con una limpidezza disarmante ciò che la band era prima di nascere (anche "In A Lonely Place" è un pezzo assolutamente joydivisioniano, anche se qui, diversamente da "Movement", la voce di Curtis non compare), ciò che è stata nei primi sette anni di vita, e ciò che sarà nei decenni successivi - basti ascoltare, nel secondo cd, un pezzo come "Lonesome Tonight", in cui si sente addirittura un germe della veste più recente (e penso a "Run Wild" da "Get Ready", o agli spunti migliori dell'ultimo non felicissimo lavoro). Nonostante siano uscite ben tre collezioni retrospettive negli anni successivi (1994, 2002, 2005), e nonostante "Substance" non possa raccogliere quanto di buono (e ce n'è) i New Order hanno fatto dal 1987 in poi, "Substance" è e resta il vero disco imprescindibile. Perché, più che riassumere, incarna.

Il fatto è che "Substance", oltre a dare la superficie dei New Order, la loro veste azzurra e potentemente vivida, ne dà anche lo spessore e la profondità, non solo attraverso gli scavi più dark e complessi raccolti nel secondo disco ("Procession", "Hurt", "Murder"), che arrivano davvero a risvoltare la faccia dei nostri, quasi a testimoniare la parabola di risalita post-Curtis (attraverso una cupa, ma sicura, ridiscesa), ma anche con il parallelo svolgersi di contrappunti tra primo e secondo cd, tra versioni canoniche e remix strumentali, con stravolgimenti e depistamenti che si riflettono persino sui titoli delle canzoni. Così la quintessenza neworderiana di "Perfect Kiss" diventa "Kiss Of Death", così l'electropop "State of the nation" diventa "Shame Of The Nation", mentre a rispondere alla pietra miliare che è "Blue Monday" c'è "The Beach" (già in "Power Corruption & Lies").

Nel primo cd spiccano il viaggio elettronico di "Everything's gone green" (inaspettatamente rispolverato live l'anno scorso a Torino) e la solarità prorompente di "Temptation", dove forse meglio che altrove si legge e si capisce la firma dei New Order, la maturazione e l'acquisizione di un'identità che è riuscita miracolosamente a sbozzolarsi dalla fase larvale post-Joy Division, senza perdere l'essenza di quell'esperienza, ma senza rimanerne fatalmente schiacciata. E l'uscita alla luce passa attraverso questi lunghi brani in cui alla strumentazione precedente si aggiunge un uso dell'elettronica raffinato, pulito e originale (vedi "Subculture", che pure ha una resa più sotto-elettronica, metropolitana, o i classici più noti e salutari, da "Thieves like us" a "Bizarre Love Triangle"). Nel secondo disco c'è la geologica stratigrafia: "In a Lonely Place" riporta a "Movement", in "Procession" avvertiamo lo scatenamento dell'Hook delle grandi occasioni, con "Mesh" si torna a scoprire dove nasce molta musica di oggi, "1963" anticipa le movenze più disco e melodiche di "Technique", e fa capire che "Substance" non serve per fare un consuntivo che anticipa una discesa, ma per dare una spinta che precede un'ascesa - forse, oserei dire, l'apice. E poi nessuno si stupirà se nel 2001 arriverà, dopo "Republic" e una lunga pausa, un signor disco come "Get Ready".

E nessuno, ascoltando e riascoltando "Substance", si può stupire se i New Order sono un riferimento che bisogna attraversare per andare pressoché ovunque. Quasi vent'anni fa, un disco da una parte e l'altro perpendicolare, l'incrocio, i New Order, lo avevano già segnato.

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