To cover, coprire, quasi si stesse parlando di una coperta calda, che avvolge, proprio come sa fare la voce di Chan Marshall (nome all'anagrafe di Cat Power), indolente come non mai, discreta come mai altrove. Eppure, basta quel tocco leggero, quel tono di voce, proprio quello, per riuscire a donare ad ogni melodia, ogni canzone, lo stile proprio e riconoscibilissimo della cantautrice americana.

Sì perché pare che in questo caso ci sia una esse di troppo nella coperta: non è cover, ma covers, e allora si parla di rifacimenti di canzoni altrui per quelle che compongono questo disco. I Velvet Underground, Bob Dylan, Nina Simone li piega Chan, quasi fossero fuscelli, sradicandoli, decontestualizzandoli, come accade in apertura ad una irriconoscibile “(I Can't Get No) Satisfaction” dove l'energia esplosiva dei Rolling Stones improvvisamente implode, dilatandosi, mentre il cantato quasi annoiato, reitera in continuazione le strofe che compongono il “bridge” che seguirebbe il ritornello (per intenderci quando Mick Jagger canta “…When I'm driving in my car… etc etc.”) senza, peraltro, mai esplodere nel liberatorio “I can't get no…”.

È tutta compressa l'energia di Chan, sempre sul punto di esplodere, come spesso capita dal vivo (e chi ha avuto la fortuna o, dipende dai punti di vista, sfortuna, di vederla live sa a cosa mi riferisco), umorale come pochi, emozionale quasi da far scoppiare il cuore come fa in “Troubled Waters“ o “Wild is the Wind”. Disco in sottrazione questo, il primo dove la cantante si presenta davvero sola, senza musicisti di supporto, a nudo, nonostante la sua fragilità, ed è forse questo anche il senso della copertina: abiti gettati in terra, sgualciti, la cantante è completamente svestita di qualsivoglia orpello o abbellimento di sorta, pronta anche ad indossare panni altrui per farli aderire a sé. Ma l'eleganza non è solo un abito, è soprattutto il modo di indossarlo, ed in questo Chan Marshall, non ha nulla da invidiare, a nessuno.

Carico i commenti... con calma