Alan Sorrenti è noto a tutti per la hit "Figli delle stelle". Ma dovete sapere che agli esordi il nostro Alan adottava la regola delle tre P: Progressive, Psichedelia e Pop. Mai tale combinazione fu più riuscita nella canzone "Vorrei incontrarti", dal suo album d'esordio "Aria", ricca di atmosfere sognanti e romantiche, che caratterizzavano anche la più sperimentale suite dello stesso disco.

Un anno dopo, nel 1973, Alan tenta di nuovo di applicare questa formula alle sue canzoni, e ne esce un nuovo album, "Come un vecchio incensiere all'alba di un villaggio deserto" (un titolo più corto no, eh?), che, seppure ricco di spunti interessanti, è molto meno riuscito del primo. Ed è proprio quest'album che io vado a recensire oggi (vi prego, non fatemi dire di nuovo il titolo!). Innanzitutto premetto che questo lp è più aspro ed elettrico del primo (almeno dei due pezzi che conosco, scusatemi, se volete mi potete linciare!) e si compone di 7 pezzi se includiamo la bonus track "Le tue radici", fra cui una suite.

Si parte con la bella "Angelo", ritmata da percussioni quasi tribali e da un piano psichedelico, che ben accompagnano la voce ossessiva di Sorrenti. Segue la famosissima "Serenesse", pezzo, a detta di molti, fra più riusciti di Alan, ma che io trovo solo una squallida canzonetta pop, ben lontana dalle atmosfere suggestive di "Vorrei incontrarti". Si ritorna a sonorità più acide e meno smielate (sebbene dolci e non certo dure) con "Una luce si accende", caratterizzata da un violino che segue in tutto e per tutto la voce di Sorrenti, e che di conseguenza raggiunge tonalità abbastanza alte. Infatti Alan riesce a mascherare bene, specie con falsetti impeccabili, la sua non eccezionale (ma comunque grande) estensione vocale, sforzandosi al massimo e condendo il tutto con gridolini e vocalizzi. Ed ecco il mio pezzo preferito insieme ad "Angelo", "Oratore", connubio di archi e fiati pungenti che mi ricorda molto ma molto vagamente "Hurricane" di Bob Dylan. Dopo la pallosa "A te che dormi", la lunghissima suite dal lunghissimo titolo "Come un vecchio incensiere all'alba di un villaggio deserto". Dieci minuti di pseudo-improvvisazione vocale, chitarre e sintetizzatori introducono la vera suite. Come sempre, Sorrenti canta troppo, e quando sembra stia per finire continua a cantare in maniera piuttosto assillante. Poi finisce, e noi ci rilassiamo con la musica: chitarre, archi e synth in un bel miscuglio, che finisce poco dopo per dare spazio a un ritmo quasi popolare che accompagna la voce e sfuma pian piano fino alla fine. Sopportabile, ma non un granchè.

Un po'di delusione, dopo l'esordio molto promettente, ma comunque un buon album, ancora influenzato dal progressive. Peccato che dopo Alan fiuterà il richiamo delle tre S: Stelle, Stroboscopiche e... Soldi. A presto per un'altra avventura (o disavventura) con Manliuzzo!

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