"E volare sopra campi sconfinati puntando a sud/poi toccare con le ali le tue ali senza andare giù./Devi credere che al mondo non c'è niente di impossibile./Se atterri nell'ombra ricorda la luce anche s'è nascosta."

"Migrazioni"

Il nuovo lavoro di Cristina Donà è un sorprendente viaggio in una dimensione molto intima e personale, un disco che fin dal suo titolo, "La Quinta Stagione", mette in luce tutto il suo lato dolce e ricercato ed era un po'che non sentivo una selezione così ottima di canzoni. Dieci pezzi, un numero più che sufficiente a riempire 38 minuti di splendidi suoni e melodie molto riuscite che risaltano i testi complessi e a volte ermetici. Nel lavoro precedente, "Dove Sei Tu", le canzoni avevano preso gran parte della loro splendida linfa vitale dalle numerose contaminazioni e sentieri musicali alternativi che la musicista aveva deciso di intraprendere; bene con "La Quinta Stagione" continua questa tendenza ed il risultato finale è decisamente interessante.

Prodotto da Peter Walsh (fratello di Greg, produttore di "Don Giovanni" di Lucio Battisti ) ha in molti dei suoi brani dei rimandi sia alla produzione "bianca" di Battisti ma anche alla tradizione britannica della sperimentazione, per rimanere in Italia invece in alcuni punti sembra che la Donà si ispiri ai dischi di Alice più complessi, "Mezzogiorno Sulle Alpi" e "Charade". L'optare per una musica fatta di sensazioni e piccole percezioni ("è tempo di ripulire il pensiero" canta in "Settembre") è il perno su cui ruota tutto il disco, ci sono multi suoni, fruscii, echi lontani tra le canzoni e nelle canzoni che non possono non lasciare meravigliato l'ascoltatore. Dieci piccole tracce che si dividono in perfetta armonia tra brani complessi e articolati. La splendida "Settembre" apre in modo raffinato tra trame di chitarra acustica dal lento incedere e una musicale minimale con piccoli guizzi di mellotron. "Universo" è una concessione a toni più radiofonici, ma l'apertura del ritornello con il canto che si fa leggero e quasi cosmico è stupendo; toni più orecchiabili quindi ma che accompagnano in modo sublime il bellissimo testo "Parlami dell'Universo/di un codice stellare che morire non può/Di anime in continuo movimento e abbracci nucleari estesi nell'immensità".

Capolavoro assoluto è "I Duellanti", un giro di chitarra acustica apre questa canzone perfetta nella melodia e soprattutto nell'arrangiamento, spartana la base musicale ma l'uso della voce e della strumentazione di contorno (chitarra a dodici corde) è sublime, e il testo è ancora una volta molto intenso, "Cosa sono quei fiori stretti nella mano fredda/fredda come questa sera che ci scruta nella stanza/nella stanza dei ricordi dove tu sei ritornato per portarmi le tue scuse e un inchino riverente". "Migrazioni" è un omaggio al Lucio Battisti di "Si Viaggiare", ancora una volta una canzone molto bella, l'uso degli archi e la ripresa del ritornello mettono i brividi. "Come Le Lacrime", "Laure", "Conosci" contribuiscono in modo splendido a definire il manifesto di questo lavoro, una stagione dell'anima sospesa e dai confini molto labili e non definiti, tradotta musicalmente con un linguaggio non lineare e molto spesso difficile. Una musica lenta prima, poi accelerata, grezza e raffinata allo stesso tempo, una splendida sospensione dagli eterni rimandi, un disco alla fine splendido.

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