Ciao ragazzi/e, molti di Voi avranno cominciato a seguire, da qualche settimana a questa parte, il campionato di calcio, palpitando per la rispettiva squadra del cuore (io sono diviso fra Juventus e Pro Patria) e cercando nello sport - visto, immaginato se non avete sky, o praticato - una piccola evasione ed un riscatto dalle Vostre ansie quotidiane, oltre che un tentativo di sublimare il naturale spirito competitivo - figlio dell'età dei Comuni - che oppone ogni italiano medio che si rispetti all'altro: per cui noi della Pro Patria non amiamo troppo le altre squadre dell'hinterland, e noi della Juventus non amiamo, né siamo amati, dalle altre squadre e dagli altri tifosi in genere (mai capito perché).

Tutto sommato, a ben pensarci, le singole squadre per le quali tifiamo sono "segni identificativi" ed, a propria volta, piccole patrie artificiose, funzionali alla costruzione di un'identità posticcia: per cui il cittadino, nel tifare l'uno o l'altro team, fa una scelta di parte che consolida la sua identità rispetto all'altero, un po' come ai tempi dei Guelfi e dei Ghibellini; il migrante del sud, quando raggiunge Torino, Milano, Roma, Firenze e quant'altro, entra a far parte di un corpo sociale già estraneo, con tutti i suoi "signa" di riconoscimento, ed i suoi vessilli, solo nel momento in cui tifa la squadra della nuova città, nella convinzione di essere parte di una comunità che lo accoglie, quasi lo invera; ed anche il periferico, nato lontano dagli stadi principali, nelle sterminate province del nostro Belpaese, in fin dei conti sogna una dimensione metropolitana, o Altra rispetto ai luoghi d'origine, dando tutto se stesso alla propria compagine d'adozione: ed, in effetti, nei romiti paesini dell'entroterra marchigiano non si tifa Frasassi, ma Juventus; nelle lontane piane padane, non si tifa Poggio Rusco, ma Inter; nelle assolate calure calabresi, non si tifa Rossano Calabro, ma Milan; e via discorrendo, sognando una gloria che il quotidiano non offre. Il meglio sarebbe tifare per l'uno o per l'altro, come faccio io, essere provinciali e cosmopoliti assieme, ma ciò non sempre è possibile, visto che per molti la Fede calcistica è unica, inscindibile.

Un bel saggio dell'importanza sociale e culturale del calcio poc'anzi abbozzata, o, meglio, del tifo calcistico e dei suoi risvolti nel nostro Paese, è dato dal capolavoro dei fratelli Vanzina, ed, al contempo, dallo zenith attoriale di Diego Abatantuono ed i suoi amici di sempre (Ugo Conti, Massimo Boldi, Teo Teocoli, il grande Dogui): questo "Eccezzziunale Veramente" ('82); film che, suppongo, è noto a tutti e non abbisogna di eccessive e pedanti presentazioni.

Si tratta di un lungometraggio ad episodi che narra le peripezie di tre personaggi, interpretati dallo stesso Diego, alle prese con le proprie ossessioni calcistiche: nel primo episodio, Donato, migrante milanista, ferisce un capo ultrà dell'Inter, finendo poi per rubargli la fidanzata (un'ottima Stefania Sandrelli); nel secondo episodio, Tirzan, camionista pugliese e sfegatato tifoso juventino, cerca di seguire la propria squadra in una trasferta europea, ma mal gliene incoglie quando accetta di scambiare il proprio camion con quello di uno slavo (recte: schlafo); nel terzo, ed a mio sommesso avviso, più riuscito episodio, Franco, interista ossessionato dal totocalcio, viene gabbato dai suoi amici di sempre che gli fanno burlescamente credere di aver fatto 13, con intuibili effetti sull'equilibrio quotidiano del nostro, che lascia la famiglia e si indebita fino a scoprire la tragicomica realtà e cercare di porvi rimedio in atmosfere da mala.

Chi ama questo film alla follia ricorderà passo per passo le miglior uscite e battute di Abatantuono & Co. (segnalo: la lettura del Vangelo nel primo episodio; il dialogo fra Tirzan ed il fricchettone gay che pronostica la B della Juve nel secondo; tutto il terzo episodio, con specifico riferimento a "faccia di culo colpisce ancora" ed al "filetto della mamma") rendendo superflua l'analisi della delirante comicità che si respira in "Eccezzziunale...", al quale va peraltro il merito di aver creato un autentico slang, lanciandolo in tutta Italia all'indomani del trionfale mundial dell'82.

Non meno bella la descrizione di una Milano periferica, vista a volte nelle prime luci della mattina, dei bar con la schedina, dei corsi sterminati con vecchine in bicicletta (non si vedono più), o la descrizione degli interni meridionali di ringhiera, con spettacolari camerette in cui dormono non meno di cinque o sei fratelli, contrapposti a certi solitari appartamenti borghesi in cui la passione divorante per l'azzardo ha l'effetto esplosivo di spezzare ogni convenzione ed ogni rapporto, scavandolo da dentro e denudando la sua ipocrisia.

Riallacciandomi alle precedenti osservazioni, segnalo alla Vostra attenzione anche il "taglio obliquo" con cui il film affronta il fenomeno calcistico: salvo sparuti incisi, non si vede né si parla esattamente di calcio, ma di tutte le emozioni e le situazioni, o i problemi, che si vengono a creare a causa del calcio, visto quasi come una patologia sociale (seppur trattata bonariamente) e dunque un sintomo della solitudine e di un certo disadattamento degli individui: dal migrante, che cerca l'inserimento sociale facendosi leader milanista, all'autotrasportatore, che nel suo girovagare fa della Juventus una stella polare, all'incallito giocatore, che vede nella puntata magica un riscatto dalle proprie frustrazioni quotidiane, anche a costo di puntare contro la propria squadra, abiurando una Fede che non è evidentemente, un assoluto, ma un surrogato ed una compensazione di qualcosa di incolmabile, tipo lo shopping ai grandi magazzini di cui mi sono occupato - con Voi e per Voi - nelle scorse settimane.

Ridendo e celiando, i Vanzina Bros si confermano dunque, a mio umile parere, come campioni assoluti nel nostro miglior cinema "minore" e raffinati interpreti di una realtà che, dietro le risa sguaiate e le battute becere, le sbronze da osteria, possiede un retrogusto amaro e offre un senso di straniamento, che rattrista ed ammalia assieme.

Fedelmente Vostro

 

Il_Paolo

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