A chi si nutre di post rock parlare degli Explosions In The Sky è come parlare di un amico fraterno: sempre lì vicino nel momento del bisogno, sempre in grado di consolarti, sempre in grado di prenderti per un braccio nei momenti di maggiore sconforto e di sussurrarti: "ehi non ti preoccupare, è la vita, passerà". Almeno questo è ciò che sono per me i texani, un gruppo per ogni momento della mia vita, una colonna sonora costante che sa dire qualcosa in qualunque momento in cui li ascolto, nelle notti più tormentate come nelle giornate più felici. Logico quindi che mi sono sentito quasi in dovere di parlare del loro primo disco del 2000, questo "How Strange, Innocence" pubblicato solo cinque anni dopo perché considerato dal gruppo troppo inadatto e affrettato. Per fortuna che, a posteriori e con ormai un seguito più che consolidato, i nostri hanno deciso di ripubblicarlo e di consegnarlo ai fan in tutta la sua interezza.

Il presente CD consta di sette pezzi di puro e semplice post rock strumentale, forse un po' grezzino, forse un po' scontato in certi momenti, ma contenente delle perle di assoluto valore.

"A Song For Our Fathers" ci schiude il mondo degli EITS: un riff di basso si lega a un malinconico arpeggio di chitarra, a ruota seguito dalla batteria e dall'altra chitarra. Gli strumenti tessono, pian piano, le fila di una bellissima traccia, che i detrattori del genere considereranno ripetitiva (in fondo parliamo di un genere fatto di sfumature e stratificazioni, che si apprezza alla lunga e nel suo crescere di intensità). Alla metà l'incedere placido cede il passo a distorsioni "à la Mogwai", senza però cadere in una stupida imitazione, che in un saliscendi continuo ci accompagnano verso la fine di questa prima, notevole traccia.

Se la successiva "Snow And Lights" ribalta lo schema del precedente pezzo (partendo sparata, rilassandosi nella parte centrale, e di colpo risollevandosi con folate di batteria improvvise e scariche elettriche) e con "Magic Hours" che non si può non meravigliarsi della genialità dei nostri, sin dal loro primo disco. Ancora semplici riff di chitarra, solari e sinceri, un contrappunto rispetto al basso profondo e pulsante, poi un break, e poco dopo il terzo minuto, inizia la vera e propria canzone. Di colpo l'atmosfera comincia a farsi tesa e crepuscolare, sembra di intraprendere viaggio dentro un bosco via via sempre più fitto, dove la luce filtra sempre meno. La tensione cresce con il prosieguo della traccia, gli strumenti si assommano, i riff subiscono leggere variazioni, la sessione ritmica aumenta il passo e la velocità cresce, sino alla inevitabile esplosione, il climax emotivo della traccia (e forse del disco), quelle sferzate elettriche al sesto minuto che danno origine a una vera e propria tempesta sonora che ci strapperà dalle nostre certezze residue e ci sballotterà in lungo e largo fino alla metà dell'ottavo minuto, con la chiusura del brano. E' piacevole sentire come, nonostante il grado di coinvolgimento che aumenta e si accresce di pari passo allo scorrere del pezzo, non ci si sente mai minacciati fino in fondo, mai inadeguati, mai impauriti... Questo è ciò di cui parlavo quando, all'inizio, dicevo che gli EITS sono come un vecchio amico in grado di tranquillizzarti in ogni momento.

Vere e proprie "esplosioni emotive" come quelle appena sperimentate sono in parte rintracciabili solo in "Glittering Blackness". Gli altri pezzi, tutti di eguale bellezza e valore, sono cavalcate tranquillizzanti, romantiche (e forse irreali?) come gli abbracci di due innamorati che volteggiano nei cieli pastello parigini dipinti da Chagall (spero che chi ha in mente il dipinto da me citato possa convenire con questa mia similitudine).

Non siamo di fronte al capolavoro degli Explosions In The Sky, questo è ovvio. Si tratta però di certo di un disco da avere per tutti i fan della band e del post rock in generale, se non altro anche per capire le radici del gruppo (e per non perdersi momenti come quelli da me descritti). Di certo stiamo parlando però di una bellissima esperienza, che penso sia più che positivo fare, almeno una volta.

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