Cambiamenti sostanziali di line-up, di etichetta e stile per i californiani Saosin che danno alle stampe per la major Capitol (EMI) il loro primo disco omonimo dopo una manciata di ep precedenti su label secondarie.

Si parlava appunto di diverse novità, non a caso c'è stato un rimpasto nella formazione che ha visto l'ingresso di Cove Reber come vocalist al posto di Anthony Green accasatosi nei Circa Survive, progetto alternative rock.

La conseguenza di queste new-entry porta anche cambiamenti nell'approccio sonoro del gruppo che abbandona del tutto le sonorità emocore e gli screaming precedenti, per lasciar posto a un suono più melodico a cavallo tra il punk e il rock alternativo con leggere sfumature emo, in cui tuttavia non manca la grinta e l'adrenalina. Che tanto per essere chiari e trasparenti vuol dire dimenticatevi il frastuono e i lamenti di canzoni come "Seven years" (contenuta sull'ep "Translating The Name del 2003), una delle loro più conosciute.

12 episodi costruiti sulla centralità della splendida voce di Reber, che possiede una notevole tecnica vocale, capace di alte estensioni che impreziosiscono il tutto. Altra punto di forza dei ragazzi sono certamente le due sei corde di Burchell e Shekoski, che danno alla luce riff mai banali e anzi di un timbro ed espressività unica che riecheggieranno a lungo nelle vostre orecchie. Pure wikipedia riporta proprio il gusto melodico chitarristico dei Saosin come principale punto distintivo.

E' inutile dire che se cercate un disco con ritmiche medio-alte tendenti all'hardcore à la Thrice di "The Artist In The Ambulance", si sbaglia posto, in quanto la tirata "Sleepers" tra le migliori è un episodio quasi isolato.

Ottimo il singolo di lancio "Voices" che a tutti gli effetti rappresenta un po' i contenuti del disco, su cui fanno capo cori, ottimi intrecci chitarristici (si veda il passaggio a metà del secondo verso), e un ritornello semplice ed emozionale cantato sul finire sopra una chitarra acustica, concludendosi con un acuto finale di Cove.

Altra perla del disco è la ballad "You're Not Alone" capace di sciogliere anche i cuori più duri con la sua atmosfera malinconica che imprime un senso di solitudine e smarrimento, che si chiude pacata sulle note di pianoforte. Da segnalare pure "It's Far Better To Learn" aperta da un intro chitarristica e la nuova versione di "Bury Your Head" con il suo chorus dalle tinte drammatiche e la sua buona progressione strumentale a metà percorso.

Su "Collapse" invece fanno capolino inedite chitarre pesanti sul bridge e "It's So Simple" convince appieno con i suoi sbalzi ritmici e di umore, in cui risalta ancora una volta tutta l'atmosfera sognante che attraversa tutto il platter. Ritmi cadenzati e refrain immediato su "I Never Wanted To".

La produzione risulta essere ben curata con sporadici inserimenti di chitarre acustiche e note di pianoforte, con suoni precisi e allo stesso tempo potenti.

Aggiungiamoci che di questi tempi accantonare il cantato "urlato" senza per altro sentirne la mancanza e invece concentrarsi su altri aspetti non può essere che positivo, vista la saturazione di band 'pop' con i denti da latte sempre pronti agli strilli a tutti i costi.

Potrebbe subire le critiche dei fans di vecchia data e al contempo ampliare gli orizzonti per la band e il suo pubblico, ma il successo dei cinque di Newport Beach è pienamente meritato, visto l'ottimo lavoro svolto.

Una piacevole scoperta.

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