Nevada City, al confine tra Reno e Sacramento, è un piccolo centro di tremila anime dove tutto evoca l'antica comunità mineraria, la corsa all'oro, l'arcaica vita delle famiglie nelle foreste. Alela Diane è nata e cresciuta in questi luoghi della California settentrionale e racconta storie primitive, radicate nel mito della Frontiera, di una Terra Promessa speranza per pochi eletti in cerca di fortuna. Quando la natura era taciturna spettatrice, una compagna leale ma a volte ostile, che può far male.

Sono storie di una giovane donna sospesa nel tempo, quelle che ascoltava da bambina a casa, con gli occhi attenti e curiosi dei cuccioli affamati di mondo. Come se le foto ingiallite e sepolte nei secoli scorsi, che Alela amava osservare, si animassero di facce lontane, di gesti dimenticati e di lotta durissima per la sopravvivenza. La voce della storyteller americana è l'eco ancestrale degli spiriti nei boschi, il soffio del vento tra gli arbusti secolari, l'orgoglio immortale di una tribù Modoc. Cantami delle lunghe camminate sul sentiero di pietra che porta a riva ("My Tired Feet"), usa le tue parole di sabbia e parlami di gioia, rimpianto, espiazione ("The Rifle"). Puoi incolpare il cielo dei tuoi errori, anche se sai che il riflesso dei nostri peccati scorrerà nell'acqua ("Can you blame the sky, when a mama leaves her babies behind..Can you blame the sea, ‘cause she's a flowing in that water deep..").

"The Pirate's Gospel" era in principio una raccolta di demos casalinghi, registrati dalla Diane con l'aiuto del padre musicista. Una manciata di brani acustici e spogli, che già rivelavano la straordinaria sensibilità artistica di questa moderna Karen Dalton. Supportata dalla scena new-folk statunitense, Alela inizia a girovagare in tour con l'amica Joanna Newsom e gli Akron\Family, e nel 2006 l'indipendente Holocene Music pubblica una prima versione del "Vangelo Dei Pirati". Che nel 2007 sarà rieditato in forma definitiva, con piccole note di piano e slide-guitar, dalla francese Fargo.

La musica di "The Pirate's Gospel" è un viaggio altrove, cullati dalla nudità espressiva della sei corde. Un album destinato alla classicità grazie all'incanto primordiale delle doppie voci di Alela e dei cori infantili in "Pieces Of String". Per l'assoluta suggestione onirica di "Clickity Clack". E per la commovente dedica finale in cui racconta gli auspici materni ("Oh! My Mama"). La ristampa "de-luxe edition" in digipak contiene la memorabile "Heavy Walls", "Gipsy Eyes" e un bonus-dvd con 3 video + clip dal vivo.

Alela Diane rapisce il cuore fin dalla cover color seppia del disco, un'immagine atemporale che mostra la folk-singer con gli abiti e i lunghi capelli neri di una nativa indiana. Un poetico fantasma da un'epoca remota. Lo sguardo eterno, il viso fiero e saggio delle persone che popolano i suoi racconti rurali e nobili. Perché il passato è il fiume sacro dell'uomo e "..I'll never tip-toe across my home ever again..Ever again, ever again..And foreign tongue ties me here. Foreign tongue ties me here.."

Carico i commenti... con calma