Nota di servizio per chi sa di cosa si tratta. E' uscito l'ultimo dei Church. Ci sono ancora. Come faccio a spiegare chi sono i Church? Vogliamo dire una delle poche band che hanno salvato la musica degli anni 80? Australiani tra l'altro. La loro storia è troppo lunga, troppo complessa per essere ridotta in 20 righe.  Meriterebbe una bella scheda di approfondimento, che tra l'altro scarseggiano su questo gruppo. Vale la pena di dire anche che probabilmente sono i più grandi interpreti della musica psicadelica dai Pink Floyd in poi.  Vi basta per ascoltarli? Veniamo all'ultimo album che è meglio.

Dirò subito che mi piace, non moltissimo come altri dei loro album ma mi piace. I Church hanno un caratteristica precisa. In ognuno dei loro album, anche quelli minori (qualche giro a vuoto l'hanno avuto) ci sono sempre almeno due/tre pezzi che da soli valgono la spesa dell'album. E dico sempre. Questo "Untitled #23" non fa eccezione ed anzi i pezzi buoni sono diversi, e segnalo: 1) "Pangoea". Tra parentesi i loro titoli sono sempre molto psicadelici. I Church sono gente seria e non vorrebbero mai che qualche tonto si sbagli e li acquisti pensando che sia musica religiosa. Scherzi a parte. "Pangoea" è veramente bella e sprigiona freschezza pur se lenta nel suo incedere. E' degna dei loro migliori lavori. 2) "Space Saviour". Bella anche se più classica rispetto agli standard Church.3) "Cobalt Blu". Il pezzo di apertura dell'album rientra proprio nel loro solito modo di fare psicadelia. 3) "Anchorage". uno pochi dei pezzi "rock" dell'album. Resta comunque una bella ballata seppure interrotta dagli inserimenti guitar di Martin Wilson-Piper (uno dei più grandi chitarristi viventi). Bella e vi piacerà. 4) "Sunken Sun". Bellissima al secondo ascolto. 5) "Operetta". Che chiude l'album. Altra ballata sognante come solo Kilbey e Piper sanno fare.

In generale l'album è comunque tutto molto intimista e concede poco alle arie festose/psicadeliche di alcuni album gloriosi degli anni 80. Un album diverso dal precedente "Uninvited like the clouds" dove invece le concessioni erano più numerose a cominciare dal 45 giri "Easy". Si respira comunque un grande senso di omogeneità e maturità acquisita da parte di Kilbey e soci (ci mancherebbe). Che su noi appassionati della band ha un effetto rassicurante circa lo stato di salute della band. Quindi, hanno ancora qualcosa da dire nel mondo della musica. Senza il botto forse. Ma ormai chi è dentro è dentro e per chi è fuori la porta è sempre aperta. Per chi ha l'orecchio allenato sulla loro musica, l'album intero dovrebbe piacere sempre di più ascolto dopo ascolto. Del resto le atmosfere dei Church le possiamo ascoltare solo da loro. Non ci sono imitazioni o alternative in giro.

Alex 

 

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