Da non confondere coi ben piu' noti tedeschi, "questi" Faust sono una Death Metal band milanese, che benchè attiva sin dal 1992 solo ora è giunta a pubblicare il suo primo album ufficiale, dopo il demo "Faust" del 1993, e il mini-cd "...And Finally Faust" del 2001.

La prima cosa che colpisce di questa band è la line-up assolutamente di primissimo livello, infatti oltre al mastarmind Aleister, che molti di noi ricordano e rimpiangono come conduttore di Rock Tv, nonchè come session man nei live shows dei blacksters norvegesi Ancient, troviamo il mitico Steve Di Giorgio (che udite udite, non funge da semplice guest, ma come membro effettivo della band, che seguirà anche in sede live!!!) al basso, Dariusz "Daray" Brzozowski (Vader, Dimmu Borgir) alla batteria, e infine Ghiulz (Profanatum, Obscurity) e Luca Princiotta (Doro, Blaze Bayley, Clairovyants) alle chitarre.

Benchè la band ci proponga un Death Metal molto tecnico che si rifà alla scuola floridiana di inizio anni 90, non pensiate a sterile una clone-band, perchè il Techno Death funge da tappeto sul quale i Nostri inseriscono una serie di influenze anche lontane dal Death tout-court, impossibile non restare affascinati dai guitar solos di chiara scuola classica, o dalle complesse architetture tipiche del Thrash tecnico di fine anni 80, Watchtower su tutti. Senza contare l'ottima produzione che rende il suono limpido senza al contempo suonare finto o patinato, mettendo al contempo in risalto ogni singolo strumento.

L'album si apre con "Purple Children" una song non nuova che già da anni i Faust propongono in sede live, un brano che parte in quarta e che può fungere in tutto e per tutto da manifesto del Faust sound, tra accellerazioni che non possono che ricordare i Morbid Angel dei tempi migliori, bilanciate da parti strumentali che ci riportano alla mente i migliori Atheist, e a cementare il tutto il growl cavernoso ma al contempo intellegibile di Aleister, che si dimostra uno dei migliori cantanti Death della penisola. Le successive "Wet Veils" e "Sentimental Worship" mettono in risalto la sezione ritmica, e in particolare un funambolico Steve Di Giorgio che non ha nessuna intenzione di fungere da comprimario. Mentre su brani come "Carnal Beatitude" e "Holy Hole" si preme sull'accelleratore e ci si lascia trasportare in un headbanging sfrenato. A fare da contrappeso troviamo invece le progressive "Pig God Dog" e la conclusiva "A Religion Free World Dream". Inutile dire che dai titoli dei brani è facile intuire a cosa facciano riferimento i testi, conditi sempre pero' da una certa ironia e da una buona dose di humor nero.

In definitiva ci troviamo di fronte ad un ottimo album da parte di una band troppo spesso sfortunata e che senz'altro avrebbe meritato molta più fortuna nel corso degli anni.

Per concludere un cenno all'artwork, l'idea della suora-tettona la trovo assolutamente geniale, fanculo ai moralisti e ai bacchettoni sempre pronti a castrare tutto e tutti!!!

Carico i commenti... con calma