Brillante esordio per i britannici Hope Of The States. Il loro disco, uscito il 27 agosto scorso ed ascoltato oggi mi ha fatto esclamare :"Però...sì sì...questo è proprio il mio genere!".
Semplici ma decisi, melodici e coinvolgenti senza mai scadere nella malinconia, questo è in sostanza ciò che emerge da "The Lost Riots" (realizzato con la produzione di Ken Thomas, lo stesso che lavora con i Sigur Ros). Una miscela di grinta, rabbia, intensità e melodia caratterizza questa band, formatasi a fine 2000 a Chichester.

Il loro singolo di lancio, "The Red The White The Black The Blue", ha nella parte vocale molto della voce roca di Kelly Jones degli Stereophonics ed esprime vera e propria carica tipicamente "rock", 3 minuti e 40 di rock secco, deciso e trascinante, così come la opening-track "The Black Amnesias", che esordisce con un delicatissimo arpeggio di chitarra per poi lasciare spazio a batteria, violini, basso e distorsioni rendendo questo brano (quasi 5 minuti strumentali) un deciso inno al rock'n'roll psichedelico del 2000.
Sostanzialmente comunque, andando avanti nell'ascolto di questo lavoro, si nota come la presenza di ballate sia il punto forte del disco, con "Me Ves Y Sufres" che la fà decisamente da padrona. Un'estasi di 5 minuti e mezzo, pianoforte, archi, voce delicatissima, basso molto leggero, batteria che entra decisa solamente verso la fine, insomma...questo brano è un mix di tutte quelle caratteristiche che deve avere una ballata pop per essere perfetta...
Notevolissime anche "Don't Go To Pieces" (con un intro dolcissimo di pianoforte e la batteria che entra solamente in alcuni tratti del brano, incredibile l'emozione che riescono a trasmettere questi 5 minuti...) e "Goodhorsehymn" (inizio con organo, poi violini, piano, batteria dura, secca ma non pesante, ricorda leggermente lo stile dei magnifici Kent...questo sì che è pop-rock d'autore!). "Black Dollars Bills" è un vero e proprio delirio, un'estasi, un'emozione incredibile di 7 minuti, quasi una "Champagne Supernova" del nuovo millennio o una "747" del 2004. Da brividi.
La chiusura è affidata a "1776" (al termine della quale è presente una hidden-track carica di adrenalina ed estremamente piacevole), gran bel brano anch'esso, che non si discosta molto dal resto dell'album ed è nello standard che hanno rappresentato gli 11 brani precedenti, pop-rock leggero, emozionante, di qualità incredibile, mai banale, mai eccessivamente malinconico come può essere quello dei connazionali Coldplay, anzi...

Questo album può essere una sintesi di quello che sono i Kent (da mettere in evidenza anche una certa similitudine in alcune parti vocali), e cioè band grintosa, energica ma allo stesso tempo capace di trasmettere emozioni con melodie dolcissime durante l'immersione nel suono di questo disco...da possedere, per chi ama il pop melodico e per chi ama un rock teso, arrabbiato che va a mescolarsi, con un ottimo risultato, ad arrangiamenti e sezioni "easy-listening" che rendono questo forse il miglior debutto del 2004.

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