Terrazza al quarto piano. Buio, solitudine. Sono le tre del mattino ed intorno a me regna un silenzio innaturale, a tratti forse eccessivamente spettrale. Da insonne cronica quale sono è ormai per me un'abitudine recarmi nel mio angolo di paradiso dove nessuno, nessuno è in grado di raggiungermi. Stanotte ho voglia di evadere dalla realtà, di spingermi in territori ancora a me sconosciuti, di volare con la fantasia li dove mi sento al sicuro, al riparo da un mondo che mi capisce sempre meno. Per fare questo, mi occorre semplicemente lasciarmi andare, lasciarmi andare alla musica. Chiudo gli occhi.. ed arrivano loro, Bianca e Sierra Casady, le quali con lo spirito di fatine dei boschi, mi trasportano in una dimensione magicamente surreale. Loro sono le CocoRosie, ed il viaggio che vi voglio raccontare ha solo un nome, "Grey Oceans". 

Le profondità e tensioni vocali da soprano di Bianca si antepongono a quelle fiabesche e candide di Sierra in "Trinity's Crying", un gioco, questo, che cattura da subito la mia attenzione, facendomi ben presagire sulla spettacolarità di questo concept. Parole sussurrate, rumori che provengono da chissà quale luogo particolare e sperduto..Mi faccio guidare dalle dolci note di pianoforte che chiudono il brano e...la seconda meta mi aspetta. "Smokey Taboo" regala atmosfere mediorientali, in modo particolare arabe, con un formidabile intreccio, assolutamente riuscito, di sitar ed R&B, e che rimanda ai luoghi del mondo che le sorelle Casady hanno visitato durante il loro tour nel 2008: Australia, Argentina, Parigi, Berlino. Ho ormai l'assoluta certezza che questo viaggio, così variegato e complesso, mi porterà davvero molto, molto lontano. Sicuramente il divertente electro-beat di "Hopscoth" è ciò che non ci si aspetta di trovare dopo un inizio così soffuso ed intimo, ma chi ha già ascoltato i precedenti lavori delle CocoRosie, sarà ormai abituato alle loro tipiche trovate squinternate. Un emozionante dialogo tra Sierra ed il pianoforte è ciò che caratterizza la stravagante "Undertaker", la quale, nel finale, rimanda a sofisticati impasti persiani. La componente pianistica è ciò che di più bello invece troviamo nella title-track, una meravigliosa ballad malinconica con leggeri richiami, assolutamente perfetti, all'opera lirica. Il mio viaggio continua con "R.i.p Burn Face" e "The Moon Asked The Crow" , dove sono sempre più accesi i paralleli con Bjiork, grazie a sperimentazioni folli ed ipnotiche. Tuttavia il gioiello retro dell'album è rappresentato da "Lemonade" la quale racchiude tutta l'arte delle sorelle americane, con paradossi electro-musical che si sposano con atmosfere più raffinate e rarefatte rispetto al passato... Le risate di una bambina, il miagolio di un gatto, il soffio del vento, introducono "Gallows" il tutto condito da un accurato ed elegante lavoro d'arpa. Il mio viaggio purtroppo sta per volgere al termine ed il finale, imprevedibile, è affidato all'ironica "Here I Come", caratterizzata dalla voce abbassata di Bianca e pulsazioni forse fin troppo eccessive. 

Se il talento di queste due "irreali figure" era forse passato inosservato con  "La Maison De Mon Réve", "Grey Oceans" è sicuramente l'emblema della personalità senza logica e fuori ragione delle CocoRosie. 

Una strana sensazione di pace e tranquillità mi pervade improvvisamente.. Spengo l'i-pod e le prime luci dell'alba mi impongono di tornare alla realtà.. 

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