Negli ultimi anni del Cinquecento Caravaggio vantava committenti celebri: i Doria, i Giustiniani, e tra i collezionisti, intenditori entusiasti delle novità della sua pittura, contava anche Giambattista Marino. Abbandonate le piccole tele a carattere simbolico, si cimentava ormai nella pala sacra: e di questo periodo sono le bellissime opere come Riposo nella fuga in Egitto e la sublime Vocazione di San Matteo. Lo stile di Caravaggio applica un riuscito connubio tra realismo e sentimento religioso.

Con la commissione da parte di Monsignor Cerasi dei due quadri la Crocifissione di San Pietro e la Conversione di San Paolo Caravaggio venne ufficialmente riconosciuto nel 1600 "egregius in urbe pictor". Il momento sperimentale della sua ricerca prosegue nella definizione di nuovi schemi strutturali e nell'approfondimento della pitturia di storia.

Nella Crocifissione di San Pietro il fatto sacro raffigurato come un evento di umile vita, è contratto all'essenziale: vi sono solo il martire e i tre aguzzini (che qui, però appaiono più come semplici operai che come sadici carnefici), manovali intenti a sollevare faticosamente la croce sulla quale è stato inchiodato Pietro; nonostante non sia visibile la fatica sui loro volti, Caravaggio rende "palpabile" lo sforzo dei tre. Anche in questa tela il carattere di religiosità "impegnata" procede di pari passo con la rievocazione del fatto storico entro un clima dimesso e popolare. In questo dipinto si rivela una nuova padronanza stilistica, basata su una complessa struttura impostata su più diagonali intersecantesi (formate dalla croce e dalla schiena dell'aguzzino): già la prosecuzione degli assi compositivi, le diagonali, assegna alle immagini un moderno sconfinamento oltre il limite della tela ed elimina l'illusionismo prospettico tanto caro al Rinascimento. Ideare una tecnica simile è possibile solo al genio di Caravaggio. Ancora una volta, inoltre, il pittore dedica una minuziosa attenzione ai particolari, essenziali per rendere realistico il dipinto: si può segnalare per esempio il piede nero dell'aguzzino che solleva la croce con la schiena, o le venature del legno.

Con le prime opere monumentali si osserva perfettamente il passaggio dal primo stile romano luminoso e chiaro alla nuova maniera del "tenebroso" (altro tratto tipico del pittore bergamasco). In questa tela il gruppo fortemente plastico vede ancora un andamento della luce radiale che svolge un'azione costruttiva su corpi sporgenti dal fondo scuro. Tuttavia la luce, nella Crocifissione di San Pietro, pur conferendo tridimensionalità alle figure, pur rendendole concrete, non approfondisce lo spazio perché qui l'ombra (e ancor più nelle opere successive) è un elemento negativo che si oppone alla luce; le forme allora emergono dall'oscurità, dal supporto scuro impenentrabile. Emerge anche l'allegoria religiosa del dipinto, ossia il messaggio rivolto all'uomo di abbandonare le "tenebre" del peccato e restare nella zona illuminata delle virtù che conducono alla salvezza divina. Mi permetto, però, di avanzare una mia teoria: cioè che questo messaggio "buonista" e "moralista" non sia espressione della natura e della volontà del Caravaggio, ma che piuttosto voglia soddisfare i suoi committenti (perlopiù appartenenti al clero).

Questa raffigurata, inoltre, è la seconda versione dell'opera. La prima fu rifiutata perché ritenuta troppo realistica. Purtroppo, questa non è mai stata ritrovata e rende difficile immaginare come potesse essere ancor più realistica rispetto a questa splendida e leggendaria seconda versione.

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