Sono bastati quattro album per fare degli Smiths la band più importante degli anni '80 sulla scena britannica. Ma, visto quello quello che ci è stato propinato negli ultimi cinque lustri, non è esagerato dire che ci troviamo di fronte alla più grande band degli ultimi 30 anni. Ancora oggi Morrissey e Marr (soprattutto il primo) rimangono delle figure di riferimento in UK, non solo in ambito musicale, ma anche politico e sociale. Testimonianza ne è il recente scontro alla Camera dei Lord tra opposizione e primo ministro, proprio sulle canzoni degli Smiths. Nonostante David Cameron si dichiari un loro fan, tanto Morrissey quanto Marr non ricambiano tanto amore (Marr ha anzi intimato a Cameron "ti vieto di farti piacere gli Smiths").

"Strangeways Here We Come" è lo swan song della Band di Manchester (sebbene seguito da vari appendici in forma di compilation). Parlare di questo disco è un po' porsi nell'ottica del what if, ossia cosa sarebbe stato degli Smiths se non si fossero sciolti. La strada tracciata dai dieci brani sembrerebbe quella di una maggiore ricerca nelle sonorità, con l'introduzione di elementi che all'epoca furono considerati estranei al dna da epigoni del punk della band: l'harpsichord in "Rush and push and the land is ours", l'assenza della chitarra di Marr in alcuni brani, gli archi e persino la famigerata drum machine. A livello di testi non ci discostiamo dalle prove precedenti: anche qui sono per la maggior parte eccellenti, con Morrissey sempre in bilico tra malinconia e umorismo macabro. Se la prima parte dell'album sembra promettere moltissimo (su tutte "Death of a Disco Dancer" - inspiegabilmente esclusa dai vari best of-, "Girlfriend in a Coma" e "Last night I dreamt that somebody loved me"), dalla settima traccia in poi le cose precipitano: si passa dal tedio dell'interminabile "Paint a Vulgar Picture", alle trascurabili "Unhappy Birthday" e "Death at One's Elbow". Difficile dire se ciò sia dovuto alla stanchezza di un rapporto, quello tra i due Leader della band, ormai logoro. Di certo le testimonianze delle settimane di registrazione ci danno il quadro tre musicisti che fanno le ore piccole e l'eccentrico cantante a letto alle dieci di sera.

Sebbene la loro carriera sia durata una manciata di anni, per come la vedo io il rimpianto dovrebbe lasciare il posto il sollievo: se avessero continuato ancora, probabilmente gli Smiths avrebbero finito per l'offuscare il loro stesso mito. Meglio morire giovani in definitiva; anche se sarebbero dovuti morire un attimo prima per assurgere al rango di divinità. Comunque, non ci sono andati molto lontano..

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