Per la mia prima recensione nei panni di Danny The Kid ho scelto un disco insolito, di un originale e sottovalutato folksinger: questo curioso personaggio fa il suo debutto discografico nel 1967 con "Alice's Restaurant", proprio lo stesso anno in cui suo padre, tale Woody Guthrie, si spegneva dopo una lunga malattia. Arlo Guthrie è un giovane, allora ventenne, carico di entusiasmo e creatività, che già al primo colpo riesce a realizzare l'album per cui verrà maggiormente ricordato, oltre a riuscire ad esprimere compiutamente quello che sarà, a grandi linee, lo stile che lo caratterizzerà negli anni a venire.

"Alice's Restaurant Massacree", il piatto forte dell'album è, in estrema sintesi, un vero e proprio tormentone, forse il più geniale tormentone mai scritto: diciotto minuti scanditi da un incessante giro di chitarra ragtime su cui l'esordiente artista, con arte degna di un consumato intrattenitore, imbastisce uno stralunato ed interminabile monologo che, prendendo spunto da un'insignificante vicissitudine giudiziaria vissuta dal medesimo Arlo Guthrie due anni prima si ingigantisce grottescamente fino a diventare una pungente satira al sistema giudiziario americano e all'arruolamento per la guerra del Vietnam. Nonostante la torrenziale lunghezza del brano e la sua immutabile ripetitività, "Alice's Restaurant Massacree" riesce a non annoiare mai l'ascoltatore, rivelandosi come un qualcosa a metà tra un talking blues ed uno sketch comico assai ben riuscito e congeniato; nonostante abbia solo vent'anni, Guthrie jr si destreggia come se fosse un cantastorie di lungo corso, e nel suo insieme la canzone risulta assolutamente piacevole e divertente. "Alice's Restaurant Massacree" diventerà un piccolo cult del movimento di protesta americano di fine anni '60 e nel 1969 Arthur Penn ne farà un film di successo, oltre ad essere l'indiscusso cavallo di battaglia di Arlo Guthrie, che nel corso della sua carriera la riproporrà in tutte le salse, con variazioni liriche e minutaggi sempre più esagerati.

Il resto dell'album è composto da brevi e spigliate canzonette folk che, anche se ancora leggermente acerbe, presentano quello che sarà lo stile tipico di Arlo Guthrie: leggero, divertente ed ironico, lo stile di un artista che non ha nessuna voglia né intenzione di essere un profeta, e che è il primo a non prendersi troppo sul serio: Arlo, oltre ad essere un ottimo cantautore è anche un bravo interprete, la sua voce leggermente nasale e ben intonata risulta sempre molto piacevole da ascoltare e, accompagnato dalla fidata chitarra acustica intona motivetti facili e di sicura presa come l'esilarante "Ring-Around-A-Rosie Rag" e "The Motorcycle Song", ma anche ballate, "Highway In The Wind" e la bella "I'm Going Home", pacata e lievemente malinconica. "Chilling In The Wind" si segnala per un accattivante sound psichedelico, "Now And Then" per l'efficacia della melodia, il bel ritmo e l'ottima interpretazione, imponendosi come la miglior canzone del lotto.

"Alice's Restaurant" nel complesso è un gran bel disco, nel suo insieme e non solo per quanto riguarda l'epico monologo iniziale, un bel fuoco d'artificio che inaugurerà una carriera lunga e feconda; a cui è mancato solo un vero e proprio album capolavoro che potesse consacrarla definitivamente, ma questo forse ad Arlo Guthrie interessa fino ad un certo punto.

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