Un po' me l'aspettavo.

Leggendo qua e là e soprattutto parlando con alcuni amici, ho avuto l'impressione che Stone non fosse "tutto sto gran film" che io mi aspettavo. Eppure le premesse c'erano tutte; Robert De Niro e Edward Norton come attori principali: il primo consulente psicologico carcerario vicino alla pensione, il secondo detenuto a causa di complicità nell'assassinio dei suoi nonni. L'obiettivo di Stone (il personaggio interpretato da Norton) è quello di convincere Jack (il caro vecchio Bob) dimostrandogli di essere diventato un uomo nuovo. Tra loro però si instaura un gioco di cose non dette e falsità che pian piano porta all'inevitabile finale...

Nel film di John Curran (già cineasta di "Il velo dipinto" con cui aveva diretto lo stesso Norton), la storia non potrebbe reggersi se non su i due attori protagonisti. Sono loro che si contendono il centro della scena con lunghi dialoghi l'uno davanti all'altro. Forse però, proprio per questa staticità filmica, i due non sembrano essere al top, sebbene Norton si faccia preferire ad un De Niro che sembra quasi svogliato nel ruolo assegnatogli. Curran dimostra di non avere particolari idee su come movimentare la pellicola: a questo ci pensa Milla Jovovich, messa lì senza particolare importanza. Ogni tanto appare facendo la faccia volenterosa di pene e poi scompare di nuovo nel letto: diverse volte con Bob De Niro (alcune scene sono alquanto ridicole), altre volte con l'uomo di turno.

Stone si trascina lentamente tra dialoghi figli di una sceneggiatura davvero povera e veri e proprio buchi filmici: più volte si ha l'impressione che Curran non sappia dove andare a parare e si rifugia così nel carisma dei due attori. E' probabilmente questo il motivo per cui l'opera quarta di Curran finisce per scadere in una riflessione sulla veridicità di Dio che poco o nulla condivide con la pellicola. Essa è figlia dei cambiamenti umorali di Stone che da perfetto clichè del genere una volta trascorso diverso tempo in carcere inizia ad avere dubbi sulla propria spiritualità.

Sono diversi quindi i fattori che impediscono a "Stone" di raggiungere la sufficienza: attori in forma (ma neanche troppo) costretti a vedersela con una sceneggiatura inadeguata. Un ritmo lento tutto basato sui lunghi dialoghi tra Jack e Stone e delle sottotrame amorose/esistenziali/spirituali utilizzate soltanto per spiegare la personalità del detenuto. Globalmente il film è ben presentato e girato, ma mancano avvenimenti degni di nota. Curran confida troppo sugli interpreti a disposizione. E sbaglia...

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