"Eppur Si Muove" si presenta prepotentemente agli occhi del lettore come un'opera del tutto avulsa dal solito saggio filo antropologico scritto da illustri studiosi e con un vocabolario prolisso, colorito e aulico. Innanzitutto va ricordato che l'opera in analisi rappresenta la fedele trascrizione pseudo-saggistica dell'omonimo talk show in onda nel lontano 1994, un anno peraltro fondamentale dal punto di vista della politica italiana, con la scesa in campo di Berlusconi, la fine definitiva della Prima Repubblica e, sebbene meno significativo, la rottura fra il Signore di Arcore e Indro Montanelli, culmine di una divergenza nella conduzione de "Il Giornale" da tempo esacerbata e non più tollerabile da ambo le parti.

I manuali di antropologia culturale e di antropologia delle società complesse tendono quasi sempre a smentire la formulazione precisa di "identità" nazionali volte a circoscrivere in una ben chiara nicchia vizi, difetti, magnificenze e patologie di uno stato. La teoria vuole che la mistura di popoli e culture all'interno di un territorio i cui confini sono stati spesso disegnati dai governanti (e dunque non coinciderebbero con le frontiere naturali) sia l'autentico factotum del tanto declamato multi/pluri culturalismo; sbagliano, dunque, padani et similia a prendere righello e squadretta e a conglobare nel bacino del Po le regioni settentrionali motivando questa scelta con un'identità talmente antica e radicata da farla derivare dall'immutata purezza dei galli/celti di Giulio Cesare. Eppure l'italiano attuale è perfettamente riconoscibile dallo straniero: al di là dei tanti stereotipi che affollano il modo di percepire il belpaesano (i vari "Guidos" e "Guidette" statunitensi, la gastronomia...), persino il più fervente del pluriculturalismo (e dunque dell'assenza di identità certe e fisse) è in grado di tracciare un sommario, purtroppo reale, dell'italianità media, puntando il dito su aspetti quali il clientelarismo, l'ossessiva cultura della famiglia e della madre (la cosiddetta "Grande Madre" mediterranea), il paradossale contrasto efferatezza assassina-idolatria simil-cattolica, la grandiosità e la creatività del dilettante che proprio per tali doti "innate" disdegna la maturazione e la formazione lavorativa tipica dei paesi devoti a quell'etica protestante weberiana.

Proprio come avevano fatto con il loro talk show, Montanelli e Placido riportano su carta stampata le riflessioni "catodiche" di "Eppur Si Muove" sull'aberrante bizzarria italiana, bizzarria perlopiù notata da secoli e non solo a partire dall'unificazione nazionale del 1861. In primis, l'italiano di Milano, di Canicattì e del Cupolone ha sempre avuto una predisposizione all'eterna irresponsabilità, al non voler prendersi carico di eventi, fatti e conseguenze: è la regola del "non è colpa mia" che spinge il penisolano a svicolarsi dalle problematiche che quasi sempre lo riguardano - direttamente o indirettamente - disdegnandole con un individualismo egocentrico assolutamente deleterio. Al riguardo siamo entrati a fine '800 nella Triplice Allenza filotedesca e dopo neanche cinquant'anni eccoci a sparare ai nostri ex compagni di trattati e spartizioni sul Carso e sul Piave. Stessa cosa con il Fascismo e il secondo conflitto mondiale: eccoci a professarci tutti quanti devoti al Fascio Littorio quando c'era la minaccia del manganello e dell'olio di ricino; nel momento in cui lo Zio Sam varcava il canale di Sicilia le camicie nere era state quasi tutte bruciate nel caminetto di casa. Placido e Montanelli riflettono quindi su quest'Italia opportunista e disfattista, un popolo che mai sarà in grado di assumersi le sue responsabilità di fronte alla Corte globale, la terra di coloro che additano le Toghe Rosse e i giornalisti comunistoidi pur di svicolare dal nero baratro del cliché.

Ma non è finita qui: l'Italia come patria di mammoni, di adulatori della Grande Madre mediterranea che mai castiga e sempre perdona, che permette ai figli di disciogliere nell'acido i loro compagni e li assolve con un'indulgenza sommaria e riduttiva. Ed è qui che balza fuori dirompente il clientelarismo made in Italy: cugini, figli, fratelli, nipoti messi a capo della fabbrichetta, consigli d'amministrazione che sembrano essere cene di famiglia, amministrazioni ricalcanti perfettamente l'albero genealogico. La madre italiana è poi sposa e puerpera di menti geniali e creative che non hanno bisogno del duro praticantato prima di approdare al traguardo della formazione perfetta: il belpaesano giustifica il suo dilettantismo - quasi sempre catastrofico e distruttivo - con l'idea della congenita naturale propensione all'improvvisazione, al libero creare, al genio che non necessita dell'istruzione e della maturazione. Siamo tutti Michelangelo, Leonardo, Raffaello, Caravaggio, Dante: tutti dediti alla ricerca della bellezza suprema e non della più utile e pragmatica razionalità. Siamo già iniziati alla genialità, non ci servono insegnanti e precettori.

Montanelli e Placido rimarcano infine il divario fra Europa Centrosettentrionale riformata ed Europa meridionale cattolica. Collegando la separazione luterano-calvinista dalla Chiesa di Roma alla nascita del pensiero imprenditoriale-capitalistico (già specificata da Max Weber), gli autori hanno intravisto nel modello italiano la summa della sottomissione del cattolico "ortodosso" all'Autorità: a differenza del mondo protestante, in cui l'adesione all'idea di libertà di interpretazione individuale delle Scritture dalla volontà del Vaticano ha permesso il fiorire dell'intraprendenza individuale in ambito mercantile-capitalistico, l'Italia è ancora spinta ad un approccio passivo, acritico e non coinvolto nei confronti di ciò che le viene proposto. Permangono dunque l' "ipse dixit", la bonarietà dei creduloni, le balle dei potenti mascherate dietro uno spot elettorale, le missive morali del Papa e dei prelati, tutti elementi che hanno forgiato uno spirito renitente alla critica e al buon senso. L'Italiano è credulone e al contempo imbonitore: tutta questione di potere (economico, mediatico, politico).

Ecco, allora, una panoramica del nostro amato-odiato Paese, terra di meraviglie estreme e di patologie infernali, di buona cucina e di lupara bianca, di monumenti mirabolanti e abusivismo, di santi ed eroi, di ladri ed assassini. Di Noi e di Voi.

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