Premessa necessaria: questa recensione è per chi conosce già l'argomento. Rischia quindi di essere faziosa, perchè esprime la libera opinione del suo autore, e noiosa per chi non sa un cazzo di new wave, di terremoti e spiriti liberi, o per chi ama alla follia il Cavallo.

Sì, ho passato anni a sognarlo, a sperarlo, a non-crederlo, a discuterne ovunque (e, lungamente, pure qui su DeBaser). E finalmente si è avverato. Sono tornati i Litfiba degli anni 80! E già sento le vostre obiezioni: ma il batterista non era crepato male? Come ha fatto a tornare? Miracolo! E, se non hanno fatto in tempo a tornare che ci hanno già sparato un live che venderà quasi nulla, non sarà che degli anni ottanta non gli importa una sega, ed erano semplicemente finiti i soldi?
Bè, facile che sia così. E non ce ne può fregare di meno. Qualunque fan del periodo della Trilogia del potere (1983-1989, appunto) avrebbe dato un braccio per rivedere il basso mangiatutto di Marok sul palco insieme a quel falso magro di Renzulli. Oddio, magari un braccio è troppo, ma ho reso l'idea. Spero.
Veniamo al dunque. Li andrò a vedere il 20 aprile. E ho deciso che, invece di una recensione di un concerto che sarà visto da qualche infoiato come il sottoscritto, sia il caso di propinarvi un po' di chiacchiere su un disco che potete ascoltare tutti, sul dorato mondo di YouTube

Operazione Reunion Vecchie Canaglie (lievemente imbolsite). Pro e Contro, alla rinfusa

PRO

Ci sono Maroccolo e l'Aiazzi. Mica cazzi. E se il secondo sembra arrancare un po' alla ricerca del se stesso giovane, il primo non manca un colpo. Sembra che, quantomeno, il mitico basso del Gianni nazionale sia meno invadente, rispetto ad un tempo, magno cum gaudio di Renzulli. Ma il suono è sempre quello bello corposo che i fan ben conoscono. Aiazzi invece si esalta in brani come Pierrot e la luna o Apapaia, rischiando di scadere nel 'kitch' in altri pezzi, come nelle pur riuscitissime Elettrica danza o Corri (provateci voi a suonare volutamente gli anni ottanta, senza cadere nel ridicolo). Completamente out of tone l'interpretazione di Santiago, dove le tastiere non c'entrano un belin ammuffito col resto. Ma tant'è, bentornati!

Le canzoni del dimenticatoio. Cioè quelle che non trovarono mai spazio fuori dal discorso 'singolo', come Versante est ed Elettrica danza, o quelle suonate davvero poco già al tempo , come Amigo. Vere chicce per i fan.

Le versioni originali. Ci sei solo tu è un piacere ascoltarla così come è presente in Litfiba 3. La deriva hard rock degli anni novanta era divertente, ma aveva ampiamente scassato. Lenta e "liquida", come dice Pelù nella sua biografia. E poi Eroi nel vento. Direttamente da Desaparecido, e non da Croce&Delizia (orrore!).

Batteria degna di tale nome. Ringo De Palma non sarà stato il drummer meglio dotato, dal punto di vista tecnico, della storia dei Litfiba, ma i suoi ritmi erano inconfondibili, e lui stesso era imbattibile nei 'fuori tempo', nell'uscire dal seminato senza ripetere costantemente il classico quattroquarti. E Luca Martelli è davvero bravo nel riproporre quelle soluzioni, altamente sceniche e piuttosto gustose, senza andare mai troppo sopra le righe. Bravo.

La chitarra di Ghigo. Perfetta in ogni stacco e assolo. La mancanza di idee del paffuto Renzulli fu uno dei motivi della prima diaspora litfibiota. Oggi invece sembra quasi che Ghigo non vedesse l'ora di non essere più onnipresente, come era avvenuto fino all'ultimo tour. Sparire un po' nell'ombra (pur essendo lui molto più presente rispetto agli eighties) gli fa bene

La magia dei pezzi. Guerra, Tziganata, Re del silenzio, Ferito. Signori, questo è stato il rock fiorentino e italiano. Era persino doveroso omaggiarlo, anche se ogni reunion fa storcere il naso ai puristi. "Che si inculino un cipresso", direbbe CapaRezza.

CONTRO

Pelù. Non avrei mai pensato di arrivare a dirlo, ma qui Piero c'entra davvero come i cavoli a merenda. Solito eccelso intrattenitore, non più dark-sciamano come a 25 anni. La voce annaspa, gracchia, non emoziona come una volta. Anzi, dato che dal quel fatidico '89 di acqua sotto i ponti ne è passata, sentirlo sparlare contro chi sta "nella stanza dei bottoni" e l'acquisto degli F35, non funziona più. A tratti sembra rincoglionito. Prima di Cane dice che siamo tutti come Dudu. Chi cazzo è Dudu? Poi, e questa è davvero comica, in Gira nel mio cerchio, nel citare la città che sta ospitando il live, non urla "Milano", ma "Firenze!". Pubblico ammutolito. Riesce a dare ancora il meglio in quei pezzi che sente più suoi, come Tziganata, Re del silenzio e Resta ma in Guerra, per dirne una, il suo "der krieg", appare piuttosto di maniera. E' bollito, ma lo amo lo stesso.

L'intro di Tziganata. Orribilmente mutilata. Come può un brano così maestoso (il preferito di chi scrive), che dal vivo godeva anche di due minuti di introduzione tastieristica, partire direttamente con la rullatona di batteria? In ogni caso, si recupera col divertente finale in crescendo.

La preda. E' in pratica la versione di Aprite i vostri occhi, con però l'aggiunta di un ritornello che, per quanto orecchiabile, toglie magia al pezzo e si presenta come vera e propria coltellata alla schiena dei fan. Va bene suonare i pezzi di ieri col gusto di oggi, ma questo non ce lo dovevate fare. Credevate di cacciare e adesso la preda (della furia dei fan) siete voi.

Cane. Perdio che inculata. Un pezzo strepitoso, e una grande delusione. E' una oscena via di mezzo tra la versione degli '80 e quella dei '90. Anzi, della versione originale rimane solo il basso di Maroccolo. Per il resto, dall'intro chitarristica allo stacco in mezzo alla seconda strofa, sembra tratta dal Terremoto tour. Tristezza.

Tex. Bella, divertente, perfetta. Ma, a parte il basso, è identica (anche nelle parole introduttive di Pelù, "riserva indiana dell'Alcatraz!") alla versione già presente in Stato Libero di Litfiba. Si poteva osare di più-

I pezzi inutili. Louisiana, Il vento, Amigo. Che due palle. Ma non era meglio tenere Paname, suonata nelle due serate da cui è tratto il doppio cd ma non finita nella scaletta final?. E una Come un dio? O una Pioggia di luce? Mah, se ne parlerà alla prossima reunion (quando Pelù avrà settantanni e continuerà a sparare parolacce dal palco)

Gira nel mio cerchio. Bella potente, non c'è che dire. Ma, a parte la cazzata già raccontata, perchè dedicarla a Bukowski? Signore, se esisti, e ne dubito, abbi pietà di Pelù.


Offinito. Que viva el bandido LItaliaFIrenzeviadeiBArdi!

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