La grandezza dei Coen sta nell'andare con ogni pellicola sempre oltre il limite tracciato con la precedente: se Fargo definì, dopo una continua serie di avvicinamenti, lo "stile Coen" con la sua miscela di noir, commedia e situazioni grottesche, Il Grande Lebowski sfrutta la stessa miscela (alla base abbiamo un altro rapimento con relativo riscatto) per mettere in scena la parodia del genere, confezionando la più riuscita e sensazionale commedia del duo, un film considerato inizialmente minore e passato in sordina, ma diventato negli anni un cult della cinematografia a stelle e strisce degli anni 90.

Los Angeles, 1990: Jeffrey "Drugo" Lebowski (Jeff Bridges) è uno slacker (in pratica un fannullone cronico) che porta avanti la sua vita tra partite di bowling, alte dosi di white russian e qualche allucinogeno quando capita. I suoi migliori amici sono il veterano del Vietnam Walter Sobchak (John Goodman) e il piccolo e silenzioso (ma non per sua volontà) Donny (Steve Buscemi alla sua ultima apparizione in un film dei Coen). La sua esistenza verrà turbata dall'incontro-scontro, per un caso di omonimia, con l'altrettanto strampalata famiglia del Jeffrey Lebowski milionario e tetraplegico. Il vecchio miliardario, seguito dal suo fido servitore Brandt (Philip Seymour Hoffman), ha una figlia artista, Maude (Julienne Moore) e una seconda moglie giovane e "free spirit", Bunny. Quest'ultima verrà rapita e un riscatto sarà chiesto al vecchio Lebowski, e sarà il Lebosky sfigato a dover sbrogliare una matassa più ingarbugliata di quanto possa sembrare.

Più che della trama occorrere mettere in risalto i tanti personaggi, a loro modo assurdi ma perfettamente caratterizzati tanto da farli sembrare reali, che costellano la pellicola e compaiono anche solo per pochi secondi: da Jesus Quintana (John Turturro), giocatore di bowling pederasta vestito con una ridicola tutina viola al capo fascista della polizia di Malibu, dal vecchio cowboy (che è la voce narrante della storia) all'investigatore privato Da Fino (Jon Polito) ai 3 nichilisti (di cui uno è Flea dei RHCP), per non parlare delle situazioni, altrettanto grottesche e divertenti in cui Drugo (quasi mai per la sua volontà) viene invischiato; al contrario è quasi sempre la mente poco lucida di Walter a combinare guai, da quando distrugge per errore una splendida Corvette a colpi di mazza da bowling, a quando butta giù dalla sedia il paralitico Lebowsky, fino al finale (triste ma che sfocia in una celebrazione dei caduti in Vietnam) del funerale del loro amico, con le ceneri di Donny che finiscono tutte in faccia a Drugo.

Importante innovazione rispetto ai passati film è la colonna sonora, per la prima volta non solo un sottofondo musicale ma spesso protagonista della scena, infarcita di hit rock anni '60-'70, dai Creedence Clearwater Revival (di cui il Drugo va pazzo) a Bob Dylan, dai Gypsy Kings che coverizzano "Hotel California" degli Eagles a quella "Just Dropped In (to see in what condition my condition was in)" di Kenny Rodgers & The First Auditions riprodotta integralmente in una scena onirica tanto da sembrare quasi un videoclip.

Se si pensa però di aver davanti solo un film demenziale si può star tranquilli che non è così, il "Coen-pensiero" è sempre sottilmente rintracciabile sotto le valanghe di comicità. Alla base abbiamo sempre il tema del caos, e di come anche dalle situazioni più semplici si possa arrivare inspiegabilmente a intricate vicende: in questo caso la molla che fa scattare tutto è una semplice lamentela che il Drugo fa al Lebowski miliardario per un tappeto insozzato. L'omonimia tra i 2 Lebowski è un simbolo di 2 diversi modi di affrontare il passato da soldato: il vecchio ha perso l'uso delle gambe in Corea, e ha indirizzato la sua vita alla scalata sociale, Drugo, così come Walter e Donny sono figli di un'altra guerra, quella del Vietnam, dalla quale sembrano non essersi ancora ripresi, e questo è dimostrato dal fatto che non sono quasi per niente integrati nella società americana vuota e consumista.
A questa società del produrre e fare ad ogni costo si oppone il nichilismo, verso cui tende la vita di quasi tutti i personaggi ed è parodiato dai 3 imbranati nichilisti; mentre il Lebowski anziano ha passato la vita a costruire, il Drugo passa la vita in ciabatte, pensa solo al bowling e guida un'auto scassatissima; niente ha senso nella vita, il Drugo viene spazzato da una situazione ad un'altra come una palla da bowwling e ne resta sempre indenne, mentre chi è sempre rimasto in disparte come il povero Donny muore all'improvviso senza una spiegazione.

Come sempre i Coen mischiano nelle loro improbabili trame realtà e finzione: se i personaggi di Drugo e Walter sono stati creati assemblando le personalità di diversi amici del duo, parte della trama (e anche il titolo del film) richiamano il romanzo Il Grande Sonno di Raymond Chandler. Non manca anche una certa autoironia: mentre il personaggio di Steve Buscemi nel precedente film era un vero logorroico in questo film è continuamente zittito, ma allo stesso modo i 2 muoiono in modo inaspettato.

Il grande Lebowsky rimarrà un film culto non solo per il suo contenuto ma per aver creato una vera e propria icona, l'anti-eroe per eccellenza del cinema anni '90, il Drugo, entrato ormai a far parte dell'immaginario collettivo e a cui vengono dedicati saggi sociologici, festival e addirittura una religione, il Dudeismo.

"Prendila come viene, Drugo!"
Certo, il Drugo sa aspettare.."

VOTO = 9.5 

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