Dopo la pubblicazione di "The Mountain", probabilmente il miglior disco prog uscito nel 2013, sognavo apertamente l'arrivo degli Haken dalle mie parti. Mi incuriosiva parecchio sapere che effetto avrebbe fatto dal vivo la loro musica variegata ed imprevedibile. Il sogno si è avverato pochi mesi fa, quando è arrivato l'annuncio del loro arrivo a Milano assieme ai francesi Lazuli; evento inizialmente programmato al Factory (situato in zona Est di Milano) e successivamente spostato al Live Forum di Assago (provincia Sud di Milano, a pochi kilometri da casa), locale di piccole dimensioni ubicato nello stesso edificio del ben più noto e capiente Mediolanum Forum e spesso teatro per esibizioni di band emergenti o comunque piuttosto di nicchia.

Visti i numerosi elogi e le varie recensioni entusiastiche che la band riceve dal mondo degli amanti del prog fin dall'uscita del primo album "Aquarius" nel 2010, mi aspettavo un'affluenza più o meno consistente, quasi al pari di quella ottenuta da Marillion e Transatlantic. Invece quando arrivo di fronte ai cancelli vedo poca gente e nessuna coda; poi dopo un po' mi metto perfino a contare i presenti e ne individuo circa una settantina; alla fine ad assistere al concerto saremo stati poco più di un centinaio.

Mentre eravamo in attesa sentiamo gli Haken nel locale che stanno provando: già lì capisco che la serata spaccherà! Il palco è posizionato piuttosto basso ma ho la fortuna di riuscire a sistemarmi a meno di un metro della transenna. Per fortuna non ci fanno aspettare troppo, i Lazuli arrivano sul palco in tempi più o meno brevi; in pochi li conoscono e/o li ascoltano ma la loro performance viene vissuta abbastanza attivamente dal pubblico. La proposta della band è interessante: un prog-rock moderno arricchito con influenze provenienti dal folk e dalla world music e con pregevoli sperimentazioni elettroniche e cantato in francese. Elementi decisivi nel rendere particolare la loro proposta sono alcuni strumenti utilizzati: la marimba, un corno francese elettricamente distorto e l'innovativo Léode - una specie di synth che si suona scorrendo il dito su un manico simile a quello della chitarra - creato dallo stesso musicista Claude Leonetti dopo aver perso l'uso del braccio sinistro in un incidente in moto. Il cantante si mostra peraltro molto vicino al pubblico e sceglie perfino di parlare in italiano per presentare i brani, riuscendoci più o meno bene. La gente sembra soddisfatta, segue la performance con grande interesse, batte le mani e perfino balla nelle parti più folkeggianti. Alla fine la band non fa da semplice supporter ma si comporta da vera e propria co-headliner, arrivando a suonare quasi un'ora e mezza senza che il pubblico predichi a gran voce di far presto a lasciare spazio agli Haken. La band esce fra gli applausi dopo il jamming finale suonato dall'intera band alla marimba. Immagino molti si saranno segnati il loro nome sul taccuino e saranno volenterosi di approfondirli (me compreso).

Personalmente ero un po' preoccupato essenzialmente per un motivo: temevo che la lunga performance dei Lazuli togliesse spazio agli Haken al punto da costringerli a proporre una scaletta risicata come quella della prima data del tour a Città del Messico ma per fortuna non è stato così.

E così gli Haken entrano sul palco praticamente circa un quarto d'ora prima delle 11. Introducono, come nel disco, con la lenta "The Path" seguita da "Atlas Stone", che introduce molto bene il pubblico nell'atmosfera calda della serata. Poi passano a "In Memoriam" che scalda ulteriormente gli animi con i suoi riff potenti. È quindi il momento di un salto al precedente album "Visions" con il brano "Insomnia", che pur non essendo uno dei brani top dell'album si presta molto bene ai live, probabilmente merito della sua melodia brillante e potente - soprattutto nel ritornello - così come per la sua sezione strumentale che offre il piacere di vedere il tastierista atteggiarsi alla maniera di un Jordan Rudess e di dialogare con la chitarra, nonché del suo effetto videogame sostenuto dai battiti delle mani dei presenti. La band fa un ulteriore salto indietro e dal debut "Aquarius" propone uno dei suoi brani migliori, "Streams", altro brano che dal vivo acquista vigore grazie alla sua varietà di melodie e ai suoi passaggi strumentali che qui possiamo ammirare meglio. Si ritorna a "The Mountain" con "Falling Back To Earth", che con i suoi ritmi sostenuti permette ad alcuni presenti di saltellare un po', anche se il momento più interessante per l'apparato visivo è ovviamente la parte strumentale, in cui possiamo ammirare ad esempio il tapping di chitarra e in ogni caso i due chitarristi smanettare intelligentemente con le loro 8 corde. Altro salto indietro a "Visions" stavolta con "Shapeshifter", anch'essa in grado di far scatenare moderatamente alcuni presenti con i suoi riff di chitarra rocciosi. Poiché il tour vede l'esordio del nuovo bassista Conner Green, gli viene concessa una piccola vetrina solistica, subito seguita da "Paredolia", brano potente ed adatto per il palco ma che senza le parti di percussioni e senza il bouzouki perde qualcosina. Ed ora il brano da me spesso indicato come il migliore di "The Mountain", ovvero "Coackroach King", a maggior ragione accolto con entusiasmo dal pubblico; altro brano che risulta essere un'ottima vetrina per i musicisti, soprattutto per quanto riguarda le tastiere, con i botta e risposta fra il tastierista di ruolo Diego Tejeida e il chitarrista improvvisato tastierista Richard Henshall. Ci si aspettava invece di più da "Somebody"; o meglio, il brano si presta ottimamente con la sua melodia calda e delicata, ma mi sarei aspettato un pubblico più presente ed affiatato su questo tipo di pezzi che di solito invece coinvolgono parecchio i presenti.

E si arriva al momento dell'encore. La band apre con "Because It's There" dopo aver affidato i cori iniziali ad una tape, con la band che rientra sul palco ed il cantante che incita il pubblico a cantare; il tastierista ha l'armonica a bocca durante il ritornello e si permette di cambiare qualche suono; in ogni caso stavolta il pubblico è decisamente più presente. Tutti gridano "Visions", sia per l'interesse a sentirla dal vivo, sia perché danno per scontato che la chiusura sia affidata a tale suite (vedendo le setlist delle date precedenti); ed infatti "Visions" è, e la band la esegue nella sua interezza sostenuto da un pubblico più che mai presente. Nelle schitarrate finali il chitarrista Charlie Griffiths si avvicina e concede qualche plettro e perfino qualche pennata ai fan più vicini alle transenne (io ero praticamente ad un passo dal sollecitare la sua 8 corde). È ormai mezzanotte e mezza, sembra finita, ma il pubblico fa capire di non aver fretta di tornare a casa e qualcuno avanza richieste; la maggior parte domanda "Celestial Elixir" dal primo album... e così la band risponde! Come a Barcellona altri 17 minuti di live, qualcuno perfino balla sugli intermezzi quasi in stile polka che rendono particolare questa suite e comunque ancora una volta il pubblico è molto in vena!

Si chiude così quasi a ridosso dell'una di notte una serata davvero bella. Perdersi una puntata di "Un medico in famiglia" (poi comunque vista sul sito della RAI) ne è davvero valsa la pena. Gli Haken non tradiscono le aspettative, sento che vederli dal vivo sia stato quasi d'obbligo per apprezzare appieno le loro qualità sia tecniche che creative. Il sound nel complesso è parso altamente fedele alle versioni studio ma ciò nonostante le qualità del gruppo dal vivo sembrano a volte perfino più apprezzabili. Il live non è stato spettacolare, nessun monitor dietro la band, solo un'immagine dell'album e altri due teli a circondare il batterista, più qualche simpatico pupazzetto sulla postazione del tastierista e sulla paletta del basso... perché lo spettacolo vero l'hanno offerto i musicisti, soprattutto i due chitarristi e i loro imprevedibili movimenti sulle loro 8 corde, come anche i tapping e gli slap del bassista (con un basso a 6 corde). Anche il cantante, sebbene meno spettacolare è parso pienamente in grado di coinvolgere il pubblico; si muoveva bene sul palco e mostrava una buona dose di teatralità. L'audio è parso potente ma mai rumoroso, la melodia mai soffocata dalle chitarre come spesso può accadere in un concerto di una band che presenta anche parzialmente elementi metal.

Peccato sicuramente per la scarsa affluenza, come già detto prima mi aspettavo più gente, ma mi sento assolutamente fiero di essere uno di quei poco più di un centinaio che erano lì, anzi, forse ci si sente anche più fighi a sapere di essere fra i pochi in Italia ad essere entrato in contatto con una band così creativa e ad averne apprezzato le qualità mentre tutti gli altri si accontentano di riempire i palazzetti per Emma.

In ogni caso la morale è questa: meritavate tutti di esserci!

Carico i commenti... con calma