E in nome delle seghe mentali di cui mi accuseranno torno con l'ultima recensione.

La curiosità suggerisce la scoperta, la scoperta non è gratis. C'è sempre un prezzo da pagare e qualcosa da ricevere.

Con l'ascolto di questo Live un anno e mezzo fa ho pagato il tempo perso per non aver scoperto prima i Velvet Underground, e ricevuto una nuova linfa di ispirazione letteraria. Tornare sui libri grazie alla musica? I Velvet Underground sono stati per me fautori di tutto ciò, e questo Live ha inaugurato un mio personale nuovo inizio, a 22 anni e nessuna conoscenza musicale o letteraria evidente tranne qualche poesia di Baudelaire e Paul Valéry, dando un esempio per restare in tema.

Amare l'ignobile, il sudicio, quel che è sgrammaticato e patologico è per me una naturale reazione umana. E. A. Poe parlava di un "Genio della Perversione" che come dalla lampada di Alidino, vien fuori a cavare dalla tua esistenza i tormenti, le incertezze e, sopra ogni cosa, la voglia di autodistruzione. Qualcosa di mistico, romantico, messo in atto solo per il gusto di farlo.

La settima traccia dell'album, diviso in due CD e compreso nella "45th Anniversary Deluxe Edtion" dell'album della banana, si intola "Heroin" ed è la messa in luce di questo pensiero. La qualità tecnica dell'intera offerta è orrenda: questa esecuzione del famigerato Exploding Plastic Inevitable è stata registrata su supporti chiaramente improvvisati. Reed parla dunque in lontananza e il tutto crea un distacco ancora più ossessivo.

La mente taglia corto e si esula, diventa testimone e 40 anni di tempo trascorso vengono mandati al rogo. L'eroina, i bassifondi, le drag queen e la Factory: tutto antico, tutto crollato.

Per me resta una cosa: la perversione, oggi più moderna di allora. Il significante muore, il significato resta. Il tappeto musicale tribale, violento, chiassoso (la viola fischiante di Cale, i battiti della Tucker, l'accompagnamento di Morrison) fa da sfondo ad un racconto privo di morali, privo di posizioni sociali. Giusto e sbagliato si annullano a vicenda e Reed professa tutto questo con trasporto dieci volte maggiore a quello dell'album in studio (che verrà pubblicato un anno dopo, nel 1967). Quel ripetitivo "I just don't know" ad ogni fine strofa non è mai riuscito a trasmettermi consolazione o benessere. "Nevermore", "Nevermore", "Nevermore"... chiedete all'astratto (neanche tanto) protagonista di Heroin e non sarà più consolatorio del corvo di Poe.

Prestate sempre l'attenzione che merita un'esecuzione del genere e non vi sentirete più gli stessi di prima. Collegate i "corpi morti ammassati", i "politici che schiamazzano", la voglia di evadere, il ritorno al punto zero ("i mari tempestosi, la città dove non si può essere liberi") e capirete quanto i Velvet avevan visto giusto nonostante la droga della morte cerebrale declamata nel titolo in netto contrasto con l' LSD della "costa ovest".

L'inizio del disco con "Melody Laughter" sarà una buona prova di resistenza. Feedback a tutto spiano e rumorismi. Tutto improvvisato dai Velvet. Rimanda direttamente all'ultima traccia: la "Nothing Song", ben 27 minuti di improvvisazione, con una fredda Nico che intona un canto che avvolge, è il miglior documento Live per capire quanto già detto sui Velvet Underground.

Altre tracce come "Venus in Furs", che probabilmente fu accompagnata sul palco dal celebre Gerard Malanga armato di frusta, sono da catalogarsi entro l'ottica sopra descritta. A differenza della reunion del 1993 Reed sente davvero quel che dice e qui "Venus in Furs" è coperta da un trasporto, anche musicale, "terribilmente" valido.

Consigliati a chiunque voglia sentire i veri Velvet Underground, com'erano stati concepiti, com'erano stati pensati e come Warhol riuscì a dargli un nuovo metodo espressivo: quello dello specchio. Riflettere ciò che si ha intorno, ora e per sempre, i Velvet Underground han fatto questo e se non vi sta bene dichiarateli anche vecchi e sorpassati: a me non frega un cazzo, proprio come farebbe l'ormai comprovato egomaniaco, bugiardo, senza cuore Lou Reed. Perchè? Perchè è tutto così "perverso" e io stesso provo tanto il gusto di mandare tutti al diavolo.

Avete mai provato qualcosa del genere? Allora i Velvet farebbero per voi, dipende dal vostro grado di ipocrisia. Pensate di disilludervi? Ascoltate questi quattro matti che pare abbian cambiato l'idea di fare musica e vi ritroverete quali siete davvero, come davanti ad uno specchio.

Benpensanti, fottetevi.

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