La "Banda del Piccolo Fiume" è un gruppo australiano di Melbourne veterano degli anni  settanta/ottanta. Il suo genere musicale è un pop rock adulto orchestrato con cura e professionalità, il cui pregio più rimarchevole è l'abilita nella stesura e nell'esecuzione dei cori, veramente forti e sonori anche se non particolarmente creativi (in altre parole, realizzati quasi sempre con le classiche armonie di terza e di quinta). Lo stesso gusto per l'armonizzazione si riversa anche negli arrangiamenti di chitarra, che vedono tutt'altro che sporadicamente due chitarre soliste al lavoro contemporaneamente.

Quel che risulta invece debole è la spinta della sezione ritmica, che fa la sua parte senza però la minima avventura, la minima creatività costringendo in tal modo le brillanti evoluzioni canore ed anche chitarristiche di cui è capace questa formazione in un sempiterno limbo di moderazione e di pulizia, mirabile ma in fondo in fondo inappagante. Si resta a metà del guado insomma con la Little River Band: sono bravi ma poco trascinanti, piacevoli ma ordinari, interessanti ma innocui.

Il quintetto è capitanato dal compositore, chitarrista ritmico e sommo orchestratore dei cori Graham Goble, la classica figura iperattiva e iper razionale che costringe sè e tutti gli altri a darsi da fare per ottenere il sempre meglio. I grandi successi del gruppo, ed in generale le pop songs più efficaci, sono sempre suoi e in quest'album che vede il 1981 come anno di pubblicazione e la sesta posizione come cronologia discografica, ve ne sono almeno tre: la mia preferita è la deliziosa "Take It Easy On Me", il cui testo semplice ma di valore autenticamente universale (un uomo che dice a una donna di andarci più leggera con lui, di non coprire d'ansia e di aspettative ogni cosa che lui fa e dice... più universale di così!) viene interpretato alla grande dal frontman Glenn Shorrock, e spande il suo notevole appeal melodico dapprima sopra un arrangiamento pianistico per poi arricchirsi armonicamente tramite gustosi interventi di chitarra solista di David Briggs e puntuali speciali stratificazioni dei cori, focalizzate come sempre sulle alte ed argentine voci sia di Goble che del bassista Wayne Nelson.

Un numero particolare ed insolito è rappresentato dalla breve ma dardeggiante "Full Circle", brano per sole voci (e che voci!) e... rullante, a parte un leggero sottofondo orchestrale architettato da un certo punto in poi dal produttore George Martin (si, quello dei Beatles, che non rinuncia ad infilare la grande orchestra su alcuni episodi). Incredibile la potenza di fuoco della banda a livello vocale... sono al lavoro almeno quattro autentici cantanti, più che coristi: tre li ho già nominati, il quarto è Beeb Birtles, anche chitarra ritmica e seconda chitarra solista.

Ultima menzione per "Night Owls" in apertura: è uno dei grandi successi della band in grazia dell'arrembante ed accattivante ritornello a quattro voci a squarciagola, ma personalmente in giro per l'album si può trovare anche di meglio da parte di questo sestetto che vede in azione quattro voci, tre chitarre e ben quattro compositori (il cantante solista e tutti i chitarristi). Molta la potenza (melodica) di fuoco a disposizione della Little River Band, a merito di un notevolissimo successo in Australia, in realtà terra nativa solo per alcuni di loro, per gli altri semplicemente di adozione provenendo in realtà da Usa, Gran Bretagna o addirittura Olanda. Per lungo tempo sono riusciti a muoversi assai bene anche nel mercato americano, qualcosa di buono l'hanno combinato a suo tempo anche in Europa ma qui da noi in Italia sono arrivati solo pochissimi lampi (mai stati a suonare da noi, credo).

Date un ascolto alla Little River Band, questo "Time Exposure" è un buon punto per cominciare.   

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