Formatisi a Seattle nel 1995 i "Red Stars Theory" sono senza dubbio tra le realtà di maggior talento della scena americana. Il loro stile, una sorta di folk-psichedelico rallentato e metafisico, accarezzato di tanto in tanto da lamenti di violino, risulta come un incrocio tra i Codeine e i Dirty Three. La loro musica è fatta di partiture suggestive, che trasportano molto spesso in una trance allucinata.

Questo è il loro secondo LP, datato 1999. I sette brani che lo compongono sono piccoli capolavori di trascendenza, dove il canto è per lo più relegato a strumento di contorno, dimesso e abulico, tanto da ricordare le declamazioni anemiche di Mark Kozelek e dei suoi grandi "Red House Painters". Emblematico è l' esempio di "Combinations And Complications", un viaggio nalla calma di un deserto al tramonto, incantevolmente dimessa. Gli oltre otto minuti della successiva "Parts Per Million", con un violino struggente in primo piano sono davvero commoventi, e rendono un paesaggio di notevole classe. L' inverno giunge veloce ed inaspettato nella fredda "Boring Ghost", tristissimo lamento di chitarra straniante, che sanguina dolore con le sue dissonanze.

In definitiva, non c' è un pezzo da buttare, anzi, ci si ferma incantati dall' atmosfera generale del disco, che merita sicuramante di essere accostato ai capolavori più conosciuti.

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