Lucio Battisti era in quel periodo immerso in una serie di viaggi e di ricerche musicali che lo hanno portato dapprima in Sudamerica (e da qui Anima latina), poi negli Stati Uniti, e così nascerà questo strano album che allora non tutti capirono, visto che anticipava di circa un anno quella che poi sarebbe divenuta in Italia la moda del momento, la disco-music o “cassa in quattro”, che dir si voglia.

Bisogna dire che Lucio è sempre stato con le orecchie dritte su tutto quello che accadeva in campo musicale, e su quello che magari doveva ancora accadere, e come tale si dimostra in questo disco del 1976 dove dà sfogo alla sua convinzione che “le canzoni sono come schede perforate da inserire in un computer (allora i computer erano quelli a scheda, oggi ne esistono ancora rari esemplari). Se si sbaglia la perforazione per quello che riguarda la ritmica, la scheda verrà sputata fuori dalla macchina e la gente non sentirà mai né la musica né le parole”.
Già il primo pezzo, che era poi anche il singolo, ne è un lampante esempio. “Ancora tu”, un pezzo allora adattissimo alle discoteche, dove un cantato in stile colloquiale fa da sfondo a un tappeto sonoro contrappuntato da basso e batteria. Il disco si chiama appunto La batteria, il contrabbasso, eccetera per far notare la supremazia della sezione ritmica in confronto al resto degli altri strumenti non per sminuirne l’importanza, anzi, ma appunto per confermare questa sua convinzione che peraltro aveva già fatto capolino nel precedente album Anima latina, soprattutto in “Due mondi”.
“Un uomo che ti ama” è una bella canzone che era tra l’altro apparsa un mese prima nella versione di Bruno Lauzi, con il momento topico del “sorriso trasparente come la tua bella fronte, oh no! L’offerta del tuo seno orgoglio dell’animale sano, oh no!”. “La compagnia” è una ripresa di un vecchio pezzo del repertorio di Marisa Sannita, fra l’altro una delle poche canzoni da lui cantate e non da lui scritte (Mogol-Donida)
“Io ti venderei” rimanda, sia come atmosfera generale, con l’Eminent, sia come line-up, alle sessions di Anima latina, da cui evidentemente fu esclusa perché non molto attinente con quell’album.
Deboluccia, invece, “Dove arriva quel cespuglio”, mentre poi arriva una sorta di concepì in due brani, “Respirando”, dove si parla di un incidente di macchina dove lui apparentemente muore e si immagina la sua “lei” al funerale, mentre un brusco risveglio avviene in “No dottore”, dove invece scopre che a morire nell’incidente è stata lei.
Poi arriva il pezzo forte dell’album, “Il veliero”, un brano che si rivelerà molto in anticipo sui tempi e che va ben oltre le atmosfere disco-music, addirittura simile a certe atmosfere house anni ’90. A fare risultare vincente tutto il pezzo è proprio l’incedere quasi ipnotico di basso e batteria, con un cantato che entra dopo oltre due minuti.
A chiudere il disco c’è una brevissima, ma deliziosa, versione acustica di “Ancora tu”, quasi a volere dimostrare come quest’album avrebbe potuto essere molto diverso se suonato solo con strumenti acustici.

Mitica è anche la copertina, con Lucio che sguazza allegramente in una pozzanghera.
Un disco che andrebbe certamente rivalutato e riascoltato con attenzione, se non altro per non perdersi certi giri di basso.

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