Caro Castaldo, cito testualmente quanto da te scritto in data 26 ottobre 2005 circa l’album degli 883 “Hanno ucciso l’uomo ragno”: “Il più bel disco pop-rock della storia della musica italiana”.

Caro Castaldo, scusa l’ insolenza: ci sei o ci fai? Se per te gli 883 rappresentano l’apice più geniale della storia pop-rock italiana vuol dire che, o sei completamente ubriaco, o di musica ne capisci quanto una formicuzza appena schiacciata da un moderno Ciclope.
Caro Castaldo, non è finita qui: a proposito di una canzonetta di Max Pezzali, “Con un deca”, hai avuto l’ardire di sentenziare: “E’ una ballata nostalgica alla Vasco con un testo degno di Mogol”. “Di un tabaccaio neanche l’ ombra oramai, ne restan due scegli quella che vuoi, che cosa lascia accesa a fare la T, che poi i due stronzi se ne accorgono qui”: carissimo Castaldo, secondo te Mogol avrebbe veramente potuto scrivere una boiata tanto inutile quanto volgare. No Castaldo, sei proprio fuori strada. Non è datato 1992 il più bel disco della storia pop-rock italiana. E’ datato 1970 ed è “Emozioni” di Lucio Battisti (tse, mica Pezzali!).

Chi non possiede, o in casa o in cantina, questo bellissimo album (io lo possiedo nella vecchia versione in vinile) non possiede, nel senso più alto del termine, la Leggenda. Non tanto per il vastissimo successo di pubblico che il disco riscosse trentacinque anni or sono (quasi un milione di copie vendute!) ma quanto per lo stile, volutamente scanzonato e sbarazzino, per le ardite partiture musicali, per l’ orecchiabilità di certi ritornelli che sono entrati, a pieno diritto, a far parte della nostra più gloriosa cultura musicale. Battisti, in folgorante stato di grazia e Mogol, mai così ispirato, scrissero vere e proprie pietre miliari di un passato che, con l’incedere incalzante del futuro, si fa sempre più irragiungibile. La title track è pazzesca: “Fiori rosa fiori di pesco” è una struggente canzonaccia d’amore composta da Battisti quasi per caso (Mogol scrisse le parole circa due anni prima); “Dolce di giorno” è un curioso esperimento musicale malizioso che Battisti canta in punta di penna (le musiche sono dei Dik Dik); “Il tempo di morire” è storia: “Motocicletta, 7HP, tutta cromata, è tua se dici sì” , inizio folgorante e musiche a metà strada tra il pop e il rock alla Jimi Hendrix (caro Castaldo, questo sì che è vero rock!); “7 e 40” è una divertente ballata d’ amore; “Emozioni” mette i brividi anche al ventesimo ascolto: canzone mirabile, voce e chitarra si fondono in un mix sensazionale di tremiti ed emozioni che raggiungono il culmine nel celeberrimo verso: “Correre come un pazzo nella notte a fari spenti, per vedere se poi è così difficile morire”; “Dieci ragazze” l’ abbiamo canticchiata tutti almeno una volta; “Acqua azzurra, acqua chiara” è una struggente canzone dedicata all’antico mestieraccio della prostituta (qui redenta) ma in molti, nel corso degli anni, l’hanno più volte definita solo una mediocre composizione giovanile; “Era” è la canzone forse meno conosciuta, eppure rasenta il capolavoro; “Non è Francesca” è stata, e sempre sarà, la colonna sonora di un’ intera generazione (la mia ad esempio, classe 1968); “Io vivrò (senza te)” è stupenda, l’inizio è folgorante: “Che non si muore per amore, è una gran bella verità” e la melodia è squisitamente romantica; “Anna” è arte: il ritornello incalzante e, nello stesso tempo, melodico è qualcosa di difficilmente riproducibile: “Ho dormito qui, fra i capelli suoi, io insieme a lei, ero un’ uomo, quanti e quanti sì, ha gridato lei, quanti non lo sai, ero un’ uomo” la metafora si fa ardita e la provocazione genuinamente sessuale.

Amici, debaseriani, Castaldo: questa è musica, tutto il resto, come diceva Shakespeare, è silenzio. E non venitemi a raccontare la vecchia storiellina secondo cui Battisti era solo un pupazzo nelle mani di Mogol (pare incredibile ma qualcuno ha osato persino definire così il Sommo Lucio!): carissimo Castaldo, ascoltati questo capolavoro e circondati di purissime “Emozioni” . Poi, con calma, arriverà “Il tempo di morire” .

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