101 South, S/T, 2000, MTM

L’AOR, nelle sue varie, sottili declinazioni, è un genere bianco (noi ricordiamo solo un esponente non ascrivibile alla razza caucasica, il dotatissimo ed eternamente gongolante Jean Beauvoir, poi finito nel dimenticatoio: ma si tratta della classica eccezione che conferma la regola): arrangiamenti sontuosi ma sorvegliatissimi, voci calde e spesso sentimentalmente roche, linee melodiche scintillanti, perizia esecutiva di primissima qualità, a volte persino un gusto per le armoniche che non rifugge la dipendenza, ben decantata peraltro, da fenomeni seminali quali i Beach Boys: il tutto in un’atmosfera da ultimo boulevard.

Il rock adulto costituisce, in essentia, una deriva estetica prima che etica; attraverso il suo iter di costruzione e di affinamento si possono leggere alcuni dei processi di margine che hanno strutturato in nuce Occidente. Siamo, per l’appunto, agli antipodi rispetto alle atmosfere ambigue e paludose del blues, che a volte, comunque, lo chic rock riprende: rettificandole e ripulendole da ogni grossolano, automummificato stilema. Si pensi alla spettacolosa, commovente prova di G. Lynn Hall in “Crying”, che trasmuta le fondamenta sguaiatamente sincopate e magmatiche della materia di origine in un canovaccio adamantino.

Ed è proprio del leggendario Lynn Hall che andiamo a scrivere ora. Singer dal timbro superbamente maschio, ma al tempo stesso incline alle romanticherie da jet set crepuscolare, egli può tranquillamente rivaleggiare con i monumenti del genere (Gramm, Perry, Jamison, Mardones, Free; quest’ultima una volta era un uomo); Lynn Hall è stato anche ottimo surfer e attore di teleromanzi (ebbe una piccola parte in “Sentieri”, in cui interpretò un uomo prigioniero di se stesso, che, concupito da donne di non difficili costumi, alla fine lascia cadere ogni relazione, con un colpo di mano che ha del socratico: preferendo alla consumazione della passione carnale una filosofica sublimazione dell’eros in agape). Ciò conferma che l’AOR, prima che un “genere”, costituisce un universo ideologico, autentico hortus conclusus della postmodernità liquida.

Nel caso in oggetto, Lynn Hall canta per i 101 South, supergruppo propriamente AOR con qualche venatura “pomp”: alle tastiere c’è Roger Scott Craig, già fondatore dei cult heroes Fortune e Harlan Cage (agli amici che leggono questa breve nota consigliamo di procurarsi al più presto l’omonimo album di esordio dei primi [1985, riedito con particolare cura nel 2004] ed almeno “Forbidden Colors” [2002] dei secondi, di cui i 101 South si possono considerare una sorta di side project a fini di divertissement erudito); alla chitarra il saggio mestierante Billy Liesegang, di professione turnista.

L’album si compone di dodici tracce e nessun riempitivo (tranne, forse, la sovrabbondante “Nowhere to Run”, che deve qualcosa, riteniamo, al patetico Meat Loaf): tutta l’opera è solida e regolare, e sapientemente alterna midtempos, uptempos e slow da cardiopalma idillico. Tra i pezzi migliori, si possono menzionare “Boat out on the Water”, con un particolarissimo ed improvviso (ma non improvvido) bridge pompish, la trascinante “You’re so Cold”, con una strofa iniziale da stratosfera adult contemporary ed un refrain titanico, e la fenomenale ballad “She Walks on Water”: qui l’interpretazione di Lynn Hall è talmente sentita che nostro cugino, quando vi pone orecchio, non riesce a trattenere le lacrime; e noi, ogni santa volta sgomenti, che cerchiamo senza successo di consolarne gli straveri.

Si potrebbe istituire una analogia tra la teoresi estetizzante dei 101 South ed i vertiginosi pluriversi stilistici propri di certi melò noirish statunitensi degli anni ‘40. Ad ogni modo, ed al di là di ogni indebita sovrainterpretazione, una cosa è certa. Questa preziosissima gemma di album potrebbe rivelarsi assolutamente degna anche come soffusa, suadente soundtrack di un incontro casto ed understated: un ultimo ballo nella notte, mentre il mondo crolla su se stesso.

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