I 12 Stones sono:

Paul Mc Coy - Voce

Eric Weaver - Chitarra

Greg Trammel - Basso

Aaron Gainer – Batteria, voce

Continuo a chiedermi come mai nessuno abbia ancora recensito i lavori di questo gruppo, dando invece molto spazio agli Evanescence, che destino vuole, hanno condiviso con loro le origini. Mah... misteri della musica.

Questa piccola prefazione per introdurre la recensione del self-titled dei 12 Stones, Christian band proveniente dalla Louisiana, (che per il proprio pseudonimo si riferisce alle 12 pietre del popolo d’Israele e per il Nuovo Testamento ai 12 apostoli, confermando la loro cristianità) che deve la sua notorietà al duetto che il vocalist Paul Mc Coy interpretò a fianco degli Evanescence nella loro famosissima hit “Bring Me To Life”.

In Italia i 12 Stones sono poco conosciuti ed i loro due lavori non spopolano tra gli scaffali dei negozi di dischi (anche se già esiste un fan club italiano). Cosa strana dato che la band risulta essere molto valida (negli States stanno avendo grande riscontro), grazie a sonorità molto rock e molto aggressive, che lasciano spazio anche ad episodi molto melodici ma mai piatti od anonimi. Il lavoro si apre con “Crash”, la meno significativa delle canzoni dell’album, nonostante sia stata scelta come secondo singolo negli States e come terzo in Europa. Il carattere rock non manca ma risulta un pò lenta e prolissa, sarà l’unico episodio alquanto deludente. I pezzi più importanti sono “Broken”, che è il singolo di esordio, canzone molto aggressiva con riff potenti sui ritornelli ed un cantato accompagnato da strofe melodiche e voce sussurrata. Altro episodio tra i più significativi è “The way I Feel”, pezzo molto più lento, melodico e riflessivo, che lascia però spazio a chitarre che arricchiscono l’atmosfera dei ritornelli. La canzone affronta un tema spesso ripreso anche da altri gruppi simili, quello del racconto malinconico di episodi sentimentali. Tra le più rock troviamo “Open Your Eyes”, che già dalle prime note vede impazzare le chitarre, ritrovate poi nel potente ritornello, “Home” che come altre canzoni dell’album, è caratterizzata dalla voce sussurrata di Mc Coy che in crescendo poi si sfoga in un ritornello motivato da riff particolarmente aggressivi; “Back Up” e “Soulfire” entrambe accomunate da un’anima aggressiva, dove la voce nervosa di Mc Coy, alterna sussurri quasi rabbiosi ad altrettanti sfoghi sui ritornelli.

Fade away” caratterizzata dal sound molto omogeneo e compatto di chitarre e batteria, si contrappone alle più melodiche “In My Head” e “Running Out Of Pain”, dai titoli significativi, che riportano al racconto dell’introspezione ed alla voglia di evasione da ciò che turba Mc Coy; il sound fa da perfetto interprete alle parole della canzone con momenti melodici alternati a chitarre più rock, che non esagerano e non portano fuori tema. “My Life” è un pò l’erede dei due pezzi precedentemente descritti, il titolo introduce i contenuti, la voce racconta in modo lento e rassegnato ed esplode in modo totalmente aggressivo sul ritornello con urla e molta rabbia. L’album si chiude con “Eric’s Song”, che è dedicata al chitarrista del gruppo Eric Weaver, che si fa sentire come non mai con schitarrate potenti, anche in brevi episodi solisti. La più potente delle dodici tracce, che chiude il disco nel migliore dei modi, non c’è dubbio.

Alcune canzoni dell’album sono state scelte come “sigle” per eventi della WWE, “Home” è stata scelta per il video di “Kurt Angle”, celeberrimo wrestler della lega, la quale ha scelto “Broken” come sottofondo a vari episodi. “Running out of Pain” e “Back Up” hanno fatto da sottofondo a Cheating Death, Stealing Life – La storia di Eddie Guerrero, famoso wrestler scomparso di recente. Inoltre Mc Coy e compagni con la loro “Let Go”, hanno fatto parte della colonna sonora ufficiale del film “Daredevil”.

In conclusione ritengo questo “12 Stones” un buon lavoro, costruito in modo egregio e che non risulta essere “fotocopiato” come succede per molte band esordienti che popolano il sovraffollato mondo del rock. Come ho gia detto in un’altra recensione, è un peccato che gruppi come questo, siano in Italia così in ombra ma forse da una parte è meglio così, per molti il fatto di diventare troppo commerciali, si rivela a lungo andare controproducente, andando poi ad intaccarne la qualità. I 12 Stones, aldilà della categoria a cui appartengono, rimangono un gruppo con i piedi per terra e, nonostante negli States e non solo, abbiano già “sfondato”, rimangono cauti e autocritici, ripetendo di voler migliorarsi continuamente. Se così sarà, data la qualità del primo lavoro, il futuro per loro sarà senz’altro roseo.

Lascio anche a voi il giudizio.

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