Durante gli anni del boom i meridionali si trasferivano, per ovvie ragioni lavorative, nelle grandi città del Nord Italia (Milano, Torino) ma, in maniera del tutto lecita, non riuscivano a provare simpatia per metropoli di proporzioni enormi (almeno secondo loro) e, ogni anno, dovevano ritornare a fare una capatina al paesello natìo. Questo per quanto concerne il flusso migratorio italico Nord-Sud, ma, e pochi lo sanno, ci fu, verso la metà degli anni Settanta, una specie di flusso nel flusso. I cantanti di provincia (e per provincia s'intende qualsiasi provincia italiana), vogliosi di sfondare nello star system musicale nostrano, prendevano strumenti e coraggio e si trasferivano nelle grandi città italiane (Milano, Roma, Torino, Bologna, Napoli) nella speranza di poter strappare a qualche impresario un contratto o un qualcosa di simile. Può accadere quindi, di ritrovarsi nel bel mezzo della Città Eterna e avere come proprio produttore un tale Vincenzo Micocci. È quello che successe, nel 1978, al 24enne Alberto Fortis, originario di Domodossola. Micocci, produttore malandrino, promise a Fortis, dopo avergli fatto firmare un corposissimo contratto, che avrebbe inciso, di lì a poco, un disco di sicuro successo. Di quel disco, in realtà, non se ne fece mai nulla: Micocci sparì dalla circolazione e Fortis si ritrovò con in mano un pugno di mosche. Eccolo quindi lasciare Roma e partire alla volta di Milano. Fortis rimane subito affascinato dalla bellezza fredda e scostante della città meneghina, e trova nella casa di produzione Polygram, la propria ancora di salvezza. Nel 1979 Fortis è in sala di registrazione per incidere il suo primo album: "Alberto Fortis". Si tratta di un disco prevalentemente pop, con qualche venatura rock intrigante, assai vicino allo stile di Ivan Graziani, ma con una struttura musicale più complessa e globale (Fortis, che sa suonare benissimo il pianoforte, utilizza pochissime volte gli assoli o gli intermezzi virtuosistici). Musica comunque genuina, uno degli esordi cantautoriali italiani più belli e armonici degli ultimi trent'anni di musica nostrana.

In scaletta almeno tre brani passati alla storia: "Il Duomo di notte", dolcissima canzone dedicata a Milano, alle luci e alle ombre di una città a cui Fortis deve moltissimo; "La sedia di lillà", forse il brano più bello dell'intera carriera dell'artista piemontese; "Milano e Vincenzo", sarcastico e caustico brano dedicato al quel cialtrone di Micocci che, appena un anno prima, l'aveva illuso e poi abbandonato. Quest'ultimo brano, famosissimo e ormai un classico, è una velenosissima invettiva che, a tratti, rasenta adirittura l'insulto più greve: "Vincenzo io ti ammazzerò, sei troppo stupido per vivere, Vincenzo io ti ammazzerò perchè, perchè non sai decidere", e poi si inerpica in una lunga glorificazione della città di Milano "Mi piacciono i tuoi quadri grigi, le luci gialle i tuoi cortei, Milano sono contento che ci sei", e Vincenzo svolge il ruolo del solito imbecille "Vincenzo dice che sei fredda, frenetica e senza pietà, ma è cretino e poi vive a Roma e che ne sa". "Alberto Fortis" è un disco crudele, ma in fondo dolce e tenero, capace di slanci emozionali notevoli e qualche sciocchezza un pò paradossale. Non a caso, vendette moltissimo quando venne pubblicato, purtroppo però, poi Fortis, sul tema della romanità ci giocò un pò troppo (nell'album è presente anche "Voi romani", una provocante canzone in cui si proclamava paladino della nordicità italica e sbrigava i romani come scansafatiche, bugiardi, ipocriti), e, a parte qualche acuto prestigioso (la bellissima "Settembre"), Fortis si perderà nel foltissimo sottobosco della discografia italiana e sarà costretto, per ritornare almeno per un pò in auge, a partecipare a "Music Farm".

Sono lontani i tempi in cui cantava "Milano e Vincenzo", e mette i brividi pensare a come si sia involuto questo curiosissimo piemontese che nel 1979 portò, nell'angusto panorama musicale italiana, una ventata, non indifferente, di aria fresca. Senza contare che, alle musiche, collaborò addirittura un gruppo italiano storico: la Premiata Forneria Marconi.

Carico i commenti... con calma