Un disco del 1978 della Cramps Records è esattamente quello che vi aspettate: solita meravigliosa grafica urbana di Gianni Sassi, completa del font tipografico appositamente inventato per gli Area, e se lo volete in vinile sborsate dai 70 ai 150 euro.

La Cramps percorse tre grandi sentieri musicali, uno fatto di avanguardia pura con le serie Nova Musicha e DiVerso, uno di novità punkettare appena spuntate (in genere tra Milano e Bologna), un terzo più famoso di jazz-rock-world in chiave cantautorale e non, dagli Area a Piero Masi, da Finardi a Claudio Rocchi, suscitando tra l’altro la nobilitazione ethnojazz del Canzoniere del Lazio ed ospitando le uniche fatiche degne di nota del povero Alberto Camerini, che in casa Sassi suonava l’elettrica alla grande e poi basta.

“Bella Band” è l’unico disco di una formazione che attinge variamente da Arti & Mestieri, Venegoni & Co., Area (quelli appunto del 1978), Perigeo e la PFM fusion di Jet Lag, con la sottile vena di avanguardia senza la quale in casa Cramps non entravi. In particolare sembra di sentire Furio Chirico (non così… “furioso”) o Walter Calloni alla batteria, ma anche il basso è degno di Hugh Bullen, mentre l’unico musicista famoso è Riccardo Cioni alle molte tastiere, qualche anno prima di affondare giù nelle produzioni di Italo Disco (divide il percorso con Claudio Simonetti, evidentemente). Un signor disco, in bilico tra Mahavishnu e Billy Cobham però con un buon gusto mediterraneo, con tanto ascolto del Davis elettrico e dei Weather Report ma senza l’inarrivabile sintesi jazz di questi ultimi: e se vogliamo, l’unico limite di queste splendide produzioni degli anni Settanta – anche i Dedalus, anche i Fonderia – è che non hanno germogliato molti percorsi di crescita e sono rimasti spesso dei mirabili episodi (anche i Goblin “jazz” son durati dal brano omonimo a “Deep Shadows”), con la voglia iniziale di mettere tutto giù su disco e nessun tempo per tirare poi le fila, ed assorbire.

Discorso a parte per gli Area, ovviamente, ma anche per il Perigeo (che ha sempre meditato e levigato a lungo ogni singolo brano) e per gli Arti & Mestieri, che seppero cambiare stile ad ogni album. “Bella Band” è comunque un disco che non vi dovete lasciar scappare, se appena vi tira il genere, perché musica così non se ne farà probabilmente più in Italia (dove lo trovate un altro pazzo come Sassi?).

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