La perdita di un amico è una cosa che difficilmente riesco a spiegare a parole, anche se mi è capitato due volte. A livello di sensazioni penso si avvicini molto ad una secchiata di cubetti di ghiaccio nel bel mezzo del sonno.

Dopo lo shock iniziale c’è bisogno di prendersi del tempo, poi le possibilità sono due: disperarsi e lasciarsi vincere dalla rabbia e dalla paura o rialzarsi e onorare la vita ogni giorno apprezzandola molto di più. Sono sicura che è quello che hanno provato anche i Deftones davanti alla morte del loro caro amico Chi Cheng. ”Sciogliersi o continuare?” si saranno chiesti. Per fortuna sono tornati più forti che mai a 4 anni da Koi No Yokan con Gore, pubblicato pochi giorni prima del terzo anniversario della morte di Chi Cheng.

Gore, un titolo molto forte, che lascia già presagire un il contenuto sanguinante e viscerale. Gli si contrappone una copertina emblematica. I fenicotteri rosa sono uccelli che compiono lunghe migrazioni soprattutto durante la notte. Nell’immagine della copertina irrompono in un cielo color lilla/grigio, penso sia l’aurora. Hanno attraversato il buio della notte e ora vedono la luce. Buio e luce, brutalità e bellezza, tempesta e quiete, vulnerabilità e forza. Questi sono oggi i Deftones .

Questa dicotomia continua nelle pagine del booklet in cui i testi sono scritti in bianco su pagine completamente nere. Sono testi dal sapore noir e romantico, che parlano di dolore, rabbia, malinconia, amore e sogni. E poi c’è la foto abbagliante che vede i Deftones in cammino, sembra vogliano lasciarsi dietro il loro passato così tragico, con quella luce dalle sfumature rosa alle loro spalle che quasi come il volo dei fenicotteri li porta verso questo nuovo viaggio.

Le canzoni ti accompagnano in un viaggio fluido sfumando l’una nell’altra. Un flusso continuo inarrestabile di atmosfere oniriche e tempestose, una contrapposizione di emozioni che non ti lasciano il tempo di pensare, solo di sentire.

Il viaggio si apre con “Prayers/Triangles”, primo singolo estratto dal disco, un rassicurante intreccio di chitarra riverberata e batteria fino all'irrompere straziante di Chino Moreno che urla “PRAYERS”, disperate e arrabbiate preghiere contro un destino tanto doloroso. Segue l’ipnotica e sensuale Acid Hologram, a volte quasi claustrofobica ti avvolge con la suadente voce di Chino e ti graffia con la prepotente chitarra di Stephen Carpenter. “Hearts/Wires”, un brano che per i primi 60 secondi ti introduce in un’atmosfera dal mood onirico, poi ti sorprende con la sua melodia che in crescendo si fa sempre più rock. La title track “Gore” è una canzone dal titolo così penetrante che si sviluppa con una trama tipica del suono Deftones; un inizio mesto, riflessivo, fino all’attesa esplosione delle chitarre così sature e dense. Un continuo rincorrersi emotivo da togliere il fiato sino a quel finale che d’improvviso sfonda un muro in qualche modo nemmeno atteso: pesantezza, fisicità, cattiveria, Gore appunto. Una sorpresa è “Phantom Bride”, dolce ballad dominata dall’assolo di chitarra di un Jerry Cantrell (che non ha certo bisogno di presentazioni direi ) che sembra perfettamente amalgamato al loro stile.

Gore è flusso emotivo, vibrante, cupo, luminoso, rosa, nero. Per qualcuno risulterà più immediato, per altri meno.

“Con tutto il rispetto per Pac, Big, Stevie, Michael, Hendrix, “Gore” è uno dei migliori album che abbiamo fatto anche se non il migliore”. Chino Moreno.

Io non so se è il loro miglior album, ma di sicuro è il migliore del 2016.

Un grazie speciale a De Marga per la generosità e sensibilità con cui mi hai donato i tuoi pensieri a caldo su questo album, mi sono stati preziosissimi per la stesura di questa recensione. E per la pazienza soprattutto, che con me ce ne vuole parecchia a volte. :)

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