Judas Priest: Stained Class
CD Audio Ce l'ho ★★★★
Ottimo disco, insieme al "gemello settantottino Killing Machine" è quello che completa il podio dei dischi che preferisco dei Priest, pur stabilmente una spanna dietro Sad Wings. Qui si abbandona la varietà stilistica dei due dischi precedenti (soprattutto il solito discone del '76) e la band si compatta in un Hard/heavy rock-metal che porca vacca è praticamente un bignami per tutti i loro allievi del decennio successivo, Maiden e compagnia bella NWO eccetera, come anche i Sabbath dioani, sotto molti aspetti (e, come sempre, fatto meglio dai Judas). Canzoni migliori per me "Fire Burns Below" e la bella cover dal bellissimo secondo disco degli Spooky Tooth, "Better By You, Better Than Me", che forse preferisco perché restano più vicine a territori rock/hardrock anni '70, seppure il bellissimo brano conclusivo non disdegni affatto i toni grandiosi, che d'altronde sono perfettamente rintracciabili anche nell'hard-rock settantiano e tutto torna. L'unica che mi convince meno è "Saints in Hell" tutto il resto mi stuzzica alla grande, bello bello, dalla doppietta iniziale "Exciter"-"White Heat-Red Hot" alla title-track passando per la terza canzone migliore di questo disco "Beyond the Realms of Death", con gran bei soli chitarrosi, soprattutto quello di Tipton.
judas priest: rocka rolla
CD Audio Non la voglio ★★★
Classico disco d'esordio acerbo, ancora poco "deciso", ma non per questo un brutto disco. Semplicemente, è nella maggior parte dei brani un disco di Hard-Rock poco personale, piacevole ma un po' piatto che quasi mai ha spunti o brani che effettivamente lo elevino dal mucchio, rimane anzi lì, nella media di qualsiasi disco Hard-Rock standard di quegli anni (con qualche canzone anche bellina eh, tipo "One for the Road"). Poi ci sono i brani dove i Judas cercano atmosfere e generi differenti (come faranno su Sad Wings, ma con ben altri risultati) ma anche il trittico "Winter/Deep Freeze/Winter Retreat", inizialmente pensata come brano unico diviso in tre sezioni o lo strumentale finale, la delicata "Caviar and Meths" non spiccano particolarmente e mi lasciano del tutto indifferente. Tuttavia, ci sono due brani nel disco che invece riescono a farsi notare ben oltre la media qualitativa dei pezzi restanti: "Dying to Meet You", divisa nettamente in due parti e molto bella soprattutto nella prima e la rock ballad "Run of the Mill" con i suoi quasi 9 minuti, che è a parer mio il primo vero grande pezzo dei Priest, classicissima rock-ballad, con classicissimo lungo solo di chitarra, ma bella, ispirata, molto riuscita, un gran brano. Due anni dopo, poi, verrà quel che verrà e sarà tutta un'altra storia ovviamente.
judas priest: sin after sin
CD Audio Ce l'ho ★★★★
Mi piace meno di Sad Wings, senza dubbio, ma è un bel disco anche questo, che inaugura il periodo '77-'80 della band che è quello del "Non belli quanto in Sad Wings, ma cacchio se mi piacciono sti metallari". Rispetto al predecessore rinuncia a quella teatralità più fantasiosa, al maggior eclettismo e alla maggiore "eleganza", stabilizzandosi su un'alternanza di brani più classicamente Hard-Rock (con un po' di epicità e grandiosità di quella tamarrosa qua e là, non eccessivamente fastidiosa per fortuna) e ballad molto ma molto riuscite. "Last Rose of Summer" è la mia preferita del disco, si parla dei Priest come genitori della tipica "ballad heavymetal" ma questa è una canzone quasi "cantautorale" che conferma la loro notevole capacità melodica. Bellissima canzone. Come bella è anche la cover di Baez e la melodia malinconica, crepuscolare, calda e cupa di "Here Come the Tears", perché i Judas avevano il miglior gusto melodico tipico british, a parer mio. Dalla parte hard "Sinner" è un pezzone favoloso (in 'sto disco poi c'è Simon Phillips, ergo miglior batterista mai passato dalle loro parti, no dico...) ma son belle anche le altre ("Let Us Prey" e "Raw Deal" su tutte) tra chiare ispirazioni proto NWOBHV e sguardi ai classici dell'Hard (Purple, Zeppelin e compagnia, sia musicalmente che nel cantato di Halford, con i manuali guida di Bobby Pianta ad esempio, che ogni tanto spunta fuori, come giusto che sia). Bel disco.
Judas Priest: Point Of Entry
CD Audio Non la voglio ★
Io questo disco lo avevo sempre saltato, passando direttamente ai due successivi. Poi mi son detto "Massì, ascoltiamolo, metti mai..." Dovevo continuare a saltarlo. Disco brutto. Di purissimo e odiosissimo "heavy metal radiofonico" quello veramente poco heavy e veramente poco metal (il pop-metal, lo chiamo) ma soprattutto tremendamente pacchiano, ruffiano e inutilmente, strabordantemente sopra le righe, tamarro, "epico" (nel senso peggiore del termine, questa volta). Purtroppo è un genere che per me ci mette poco a passare dallo spassosamente tamarro al mostruosamente brutto. Questo è brutto. Con un paio di momenti gustosamente zarri, ma brutto. Confrontando questo disco con l'attitudine di un "Killing Machine", oltre che con le canzoni in se, questo disco si autodistrugge. Primo grosso passo falso della band e anche l'unico che abbia mai ascoltato, visto che i due successivi non sono la mia tazza da tè, ma sono abbastanza gustosamente tamarro-divertenti e "Painkiller" è invece un ultraspasso-ultralusso. I due periodo '86-'88 invece non li conosco e non voglio conoscerli, due volte la stessa cazzata no, grazie.
Judas Priest: Killing Machine
CD Audio Ce l'ho ★★★★
Il mio preferito dei Judas dopo Sad Wings. Bellissimo perché torna su territori più sanguigni e grezzi del Rock/Hard-Rock, pur contenendone qua e là anche gli aspetti più "raffinati" e melodici, lasciando più defilato lo stile maggiormente arioso e epico del "metal classico" chiamiamolo così del quale sono stati progenitori (e che è comunque presente, vedi la bella opening "Deliver the Goods"). C'è una maggior urgenza e visceralità in questo "Killing Machine" e me lo fa preferire leggermente al "fratello" uscito qualche mese prima e quasi altrettanto valido ovviamente. Qui l'unica che mi dice poco è "Evening Star", il resto è una bomba. La sequenza di tre canzoni che va da "Burnin' Up" a "Killing Machine" (irresistibile) è inattaccabile e sono tutte tra le mie preferite della band, in mezzo ovviamente brilla l'ottima cover (non era facile) di uno dei capolavori che lo Stregone Verde del Blues-Rock inglese scrisse con i Fleetwood Mac (l'ultimo, per esser precisi), quell'inno stregonesco perfetto del rock-blues che è "The Green Manalishi" che rivela il loro apprezzamento per i Mac greeniani e che diventerà un classico in scaletta nei live. Bellissima anche la ballad "Before the Dawn", che conferma il loro gusto melodico, ed è giusto un po' troppo romantico-piaciona, ma molto bella comunque. E poi la parte leggera e pop, con "Take on the World", con ritornellone da stadio (queeniano senza essere altrettanto rompicoglioni) che pare anche un canto, ripulito, da osteria inglese.
Jules Verne: 20.000 Leghe Sotto I Mari
Cartaceo Ce l'ho ★★★★★