Il suo primo disco per chitarra classica, tutta roba strumentale e acustica, ovviamente. Qui non c'è ancora l'orchestra, come sarà nei dischi classici degli anni '90 e '00, e gli unici accompagnamenti alla chitarra classica sono le comparsate del superbo flauto di John (che si prende la scena nelle bellissime "Kim" e "Second Chance") e i sintetizzatori di Magnus che sostituiscono le parti orchestrali, giusto in un paio di brani (soprattutto in "Calmaria"). Disco perfetto per i momenti di quiete, colmo di acquerelli bucolici, atmosfere avvolgenti, note come gocce di rugiada, qualche volta con dolcezza quasi onirica, altre volte con piglio più inquieto, brumoso. Nella ristampa, eccellenti aggiunte di altri tre brani, molto validi ("Time Lapse at Milton Keynes" è una delle migliori del disco, le altre due sono brani tradizionali). La perla resta "Horizons", porto sicuro qui riproposto, 11 anni dopo la prima volta, ma per forza, è presa da Giovanni Sebastiano Ruscello; per il resto, tutto a firma Steve. La Baia dei Re è già un bel disco, devo dire che è quello che mi piace meno degli acustici di Hackett, l'unico che forse non riesce ad avvolgermi nelle atmosfere per l'intera durata. Hackett si affinerà e successivamente tirerà fuori tre dischi classici strepitosi, tutti tra i miei preferiti della sua discografia: "Momentum" ('88) e, con l'orchestra, "A Midsummer Night's Dream" ('97) e "Metamorpheus" ('05).
- Bèl (04)
- Brü (00)
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