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Carissimo ProgKnight, scusami ma temo di non capire. I commenti 20 e 21 sono rivolti a me? Il mio ultimo intervento voleva rispondere a te personalmente soltanto per quanto riguarda la tracklist, il resto riguardava il discorso generale, non la tua recensione. Spero di non essere entrato in un vortice di equivoci...
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ProgKnight, non voglio ispezionare fiscalmente la cosa, anche perché la mia lacunosa memoria neppure me lo permetterebbe. Era mio intento ricordare come le canzoni che usufruiscono di un vero e proprio testo in elfico siano poche e brevi rispetto al loro totale; “Verses to Elbereth Gilthoniel” poi l’ho ignorata in quanto “reprise” della traccia 5 e “Silver Bowl” al massimo conterrà qualche frase perché io me la ricordo cantata in inglese. Per quanto riguarda il resto non ho assolutamente nulla da obiettare sulla natura controproducente del fanatismo di massa, dico solo che non guasterebbe una certa cautela nel livellare alla stregua di un grottesco “fanboy” o di un povero disgraziato vestito da Chewbacca, uno storico e fecondissimo cantante professionista come Anderson, che, per quanto indiscutibilmente eccentrico, ha conquistato apici assoluti di eccellenza artistica e ritengo si meriterebbe per lo meno il beneficio del dubbio in casi come questo.
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Bartle non potrei essere più d'accordo. Anch'io tempo fa mi sono ritrovato in circoli del genere e la fuga è stata l'unico scenario possibile per me. Le aberrazioni nate dalla perdita del senso della misura sono la norma e non l'eccezione, è vero, ma facendo di tutta l'erba un fascio si rischia di perdere d'occhio e gettare nell'oblio tante produzioni valide e colpevoli soltanto di far parte di una categoria ormai caduta in disgrazia. Se i fans si accatastano in un estremo di acriticità, che spesso sfocia nella pura e semplice idiozia, non sono sicuro che ammassarsi nel lato opposto della questione, mediante una buona dose di scherno, sia la risposta più florida di guadagni e risultati per la sana fruizione di uno stile, diciamo, contorto. Gli artisti seri esistono ancora e sono sempre esistiti, anche perché se prendiamo in considerazione le semplici quantità ci rendiamo conto che non sono mai davvero cambiate. I geni sono sempre stati pochi, così come la buona musica è sempre stata solo una frazione infinitesimale di tutto il mondo musicale, che sguazza e letteralmente vive grazie a cose trite e ritrite. I libri fantasy davvero validi ed innovativi sono una manciata, ma anche gli altri generi non vivono certo in un’oasi d’ispirazione imperitura. La differenza mi sembra risieda molto nel fatto che i primi, a causa del cambio di sensibilità degli ultimi decenni nell’immaginario comune, si trovano costantemente sotto l’impietosa luce dei riflettori, mentre gli altri no o comunque molto ma molto meno.
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Questo è un argomento, in un certo qual modo, piuttosto delicato e spero con le mie parole di non urtare la sensibilità di nessuno. Nes, è davvero così ridicolo ciò che ho detto? Tolkien ha voluto creare una complessa mitologia occidentale che non avesse radici o rimandi evidenti alle antiche culture del bacino del Mediterraneo, avvalendosi degli avvenimenti e delle caratteristiche politico-sociali della storia moderna e a lui contemporanea. I suoi libri hanno avuto un'influenza colossale e sono una fonte d'ispirazione perpetua nonché l'ennesima riprova dell'immenso potere artistico e, soprattutto, pedagogico della fantasia, quando utilizzata come portale attraverso la poesia, il teatro, la letteratura e quant'altro contribuisca in modo costruttivo alla formazione dell’uomo. Se una persona volesse tributare il fautore di un tale operato mediante una rivisitazione tematica, citando la lingua da lui creata (nel caso in questione mi pare si tratti di quattro tracce su sedici, tre delle quali della durata di circa due minuti), credo dovrebbe poterlo fare senza correre il rischio di essere considerato un minorato mentale. Intendiamoci: se un benzinaio o un impiegato delle poste mi rivolgesse la parola in elfico o pretendesse di farsi capire gesticolando alla maniera di un Jedi, gli consiglierei caldamente di trascorrere uno o due "week end all inclusive" in un istituto di igiene mentale, ma se, ad esempio, volessi comporre un concept album in onore dello Zeuhl, rinunciando però all'utilizzo della sua lingua peculiare (lo stesso termine "zeuhl" fa parte di quel vocabolario), il mio lavoro di ricerca e di rappresentazione artistica intorno a quell'oggetto sarebbe del tutto insufficiente o, al massimo, mediocre e frammentario. Mi rendo conto che l'iper razionalismo del giorno d'oggi implica un distacco dal regno del fantastico (soprattutto quando troppo dettagliato) e io non voglio certo, né tantomeno potrei, arginare il corso degli eventi, ma non vedo proprio la necessità del pressante discredito o, in casi estremi, disgusto e repulsione di fronte ai frutti della creatività umana nell'interpretazione poetica del reale.
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(7/10) Non sarà progressive, ma ascoltare questo disco, seduto di fronte al tramonto di un paesaggio verdeggiante, magari sorseggiando un thè caldo, è un vero toccasana (almeno per me). Di tutti gli stili considerati come attinenti per la descrizione del disco, io comunque avrei utilizzato soltanto "Folk" e, magari, "Celtica". @Mio caro Bartle, spero mi perdonerai se rispondo con troppa serietà al tuo intervento, ovviamente ironico. Il cantato elfico ritengo sia una citazione addirittura irrinunciabile in un lavoro che mira appunto a rivisitare, in chiave folk, tale particolare aspetto del mondo tolkeniano. Stiamo in fondo parlando, a dispetto della derisione che va di moda ultimamente, di una lingua artificiale ormai consolidata nella storia della letteratura mito-folkloristica recente. Se entrassimo nello stucchevole carosello del biasimo e del dispregio nei confronti del genere fantasy o del fantastico in generale, come potremmo mai definire Christian Vander e tutta l'epopea kobaiana da lui ideata e meticolosamente strutturata e definita in oltre quarant'anni di carriera? Un genio visionario, inventore di un intero genere o, come insegna la scuola scaruffiana, un imbarazzante e patetico "nerd" (qualsiasi cosa voglia dire)? Per non parlare di Julian Jay Savarin e della sua trilogia di Lemmus...
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Grazie mille Decline. Devo ammettere che la vista di quei loschi figuri, impegnati a fare manovre in retromarcia intorno alla macchina dei Circles End, mi fa pensare di aver, come minimo, sbagliato parcheggio.
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@Siciliano: In effetti lo stile funk adottato dal basso è senza dubbio uno dei punti forti del disco. Stranamente Gøran lasciò la band subito dopo l'uscita di quest'esordio, a dispetto dei responsi positivi della critica e delle numerose recensioni favorevoli pubblicate nelle riviste di settore. Forse la sottile virata verso un jazz-rock di matrice inglese è dovuta in gran parte all'ingresso del suo sostituto Patrick Wilder. @ProgKnight: Se vuoi farti un’idea veloce del suono della band puoi fare un salto sul myspace. Ci sono tre pezzi da ascoltare, ma appartengono tutti al secondo album e non sono certo tra i più interessanti (a parte “Echoes”). Welcome to the new Myspace!
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Grazie Macaco. Dopo aver letto la tua recensione su “See” dei The Work mi sono procurato il live "The 4th World", uscito l'anno scorso, e devo dire che l’ascolto si presenta alquanto impegnativo. Ma ogni sudata di questo tipo è la benvenuta se contribuisce ad ampliare gli orizzonti musicali e la percezione artistica di un curioso ricercatore progressivo come me e, sicuramente, come te.
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Grazie mille per i gentili commenti. @Siciliano: Noto un alto apprezzamento del disco da parte tua. Io, pur avendolo ascoltato molto, tendo a preferire il seguente, grazie ad episodi freschi ed energici come “Echoes”, “Charlie” ed il succulento bossanova finale di “The Dogfather Has Entered the Lift”. @ProgRock: Le catene non ho effettivamente idea di cosa vogliano suggerire. Il retro mostra la foto di alcune tubature, mentre all’interno c’è una sorta di disegno della superficie lunare, che parrebbe essere l’unica cosa attinente con il titolo. @Jargon: Sono d’accordo. La mia valutazione ideale sarebbe stata 7, ma ormai è chiaro che senza i mezzi voti i giudizi saranno sempre vaghi e interpretabili. @ProgKnight: Direi un progressive rock con evidenti contaminazioni jazz e funk. Il secondo disco è relativamente più vicino ai lidi canterburyani, ma lo stile di fondo è il medesimo. Niente di epocale, però entrambe le uscite sono piacevolissime, pur essendo forse fin troppo docili all’orecchio allenato. @Bartle: Carissimo, comprendo perfettamente che lo sfoggio di un tale primo piano fotografico sia un sentito omaggio al nume tutelare del rock nostrano e alla sua ultima "fatica", nonché un sincero invito rivolto alla nutrita schiera di intellettuali che si sentiranno in dovere di analizzarne le caratteristiche e proporre su queste pagine i risultati delle loro certosine osservazioni. Nonostante anch'io, come tutta la comunità debaseriana, abbia sempre lottato per far riconoscere cotanto artista come patrimonio dell'umanità ed ottenere, al minimo, la protezione dell'Unesco (a tutt’oggi scandalosamente negata), sono costretto ad ammettere, con mia somma vergogna, di essere un fan di vecchia data della tua storica pagina personale e di conseguenza auspicherò in gran segreto per un suo eventuale ritorno o per la comparsa, prima o poi, di una sua degna variante. Con tutto il rispetto per il beneamato (…) Sindaco d’Italia.
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Non sarà il genere che attualmente seguo con più dedizione, ma scivolare nelle voragini sonore scavate dalle chitarre per poi ascoltare gli ululati del sassofono emergere dal baratro di "Galactic Derelict" è un vero piacere.