Voto:
Mi guardo bene dal gettarmi anima e corpo in una discussione come quella di cui poco sopra, a proposito dell'antitesi tra rock e disco, tanto qualunquistica quanto degna di dibattiti dell'approssimativa lunghezza di un duecento/duecentocinquanta ore di confronto, animato anche da armi bianche e da sparo, leggere, però, non oltre il calibro nove corto, direi.
Posto ciò, osservo, con un flebile sorriso che modifica solo in parte la mia indifferente espressione facciale, che devi essere un po' più vecchio di me, per forza, che nel 77 inseguivo i più grandi, le idee, le balbuzienti meraviglie e le splendide miserie di un Movimento in essere ed in perire come solo un quattordicenne schieratissimo politicamente, in piena tempesta ormonale e con una batteria Ludwig in camera da letto poteva fare.
Gradisco moltissimo, e moltissimo se ne è discusso, in queste pagine, le recensioni di un'opera che pongono la stessa, pur se oggetto dichiarato della pagina, quasi ai margini, e la usano come colonna sonora di una fetta da vita da raccontare a chi ne vuol leggere, da posizionare nello spazio e nel tempo, ad uso, consumo e critica dell'incauto lettore che viaggia tra le sue righe meglio, più speditamente e comodamente, certo, che in quella scassatissima 500 cui accennavi.
Personalmente io e molti miei simili risolvemmo la questione in maniera forse più acritica ma senz'altro più indolore di molti altri della nostra generazione, quelli che dileggiavano il mondo delle discoteche, sì, ma anche quelli che organizzavano la caccia al punk perchè di certo fascio (???), od anche di quelli che guardavano schifati i loro consimili che discutevano di tecnica musicale e di assoli, incapaci, loro, di apprezzare una cosa chiamata musica se priva di cassa in quattro e basso pompante che inducesse il soggetto al ballo, così, fine a se stesso e senza alcun impegno che non fosse quello fisico. Ecco, alcuni di noi, che masticavano musica fin da infanti, nutriti a Beatles e King Crimson, a Traffic e Frank Zappa, che abbracciavano la Nuova Ondata dopo aver digerito il punk, che adesso adoravano le Ultravoci e gli Strangolatori, ora, come per un processo osmotico-musicale, godevano dei gruppi che dal punk uscivano e creavano cose nuove, con un cantante ancora ancorato alla rabbia londinese ma un batterista che squadrava il tempo in quattroquarti perché il bassista ci ricamasse sopra, essenziale ed incisivo, intanto che il chitarrista teneva il tempo come un nero della band di Isaac Hayes ed il tastierista, oh, sì, armonizzasse note sempici ma sublimi come i tedeschi di Dusseldorf insegnavano.
Ecco, per dire, che porta di Stargate è stata la tua recensione.