Voto:
E' triste che tu non riesca ad apprezzare tutto ciò che di artistico è stato composto negli ultimi secoli, e soprattutto nell'epoca a te contemporanea.
Più triste ancora è che questa impossibilità nell'apprezzare si traduca in disprezzo, e nel vuoto "omaggio ai bei tempi andati". Probabilmente qualcuno, ai tempi di Michelangelo, pensava le stesse cose della pittura e della scultura ad esse contemporanee, prediligendo quelle più antiche. Ma la vita va così, e ad ognuno è permesso di godere solo di qualcosa. Io mi annoio con certe opere del '700, tu con tutto ciò che venne dopo il rinascimento. Ognuno è limitato alla sua maniera.

Ciò che più mi rattrista è che mi ricordi i tanti turisti che, a Venezia, entrano nella chiesa dove lavora la mia ragazza, adibita a padiglione della Biennale, e rimangono scandalizzati dalle opere contenute, chiedendo più rispetto per il Tiepolo che, da trecento anni, adorna il soffitto.
Mi rattrista perché vedo persone limitate e infelici, che non riescono a separare il mancato apprezzamento di qualcosa dalla rabbia e dalla tristezza. Che peccato!

In bocca al lupo
Voto:
Forse mi sbaglio, ma "The best band you never heard in your life" non significa "La miglior band che tu NON abbia mai sentito in vita tua"?
Se fosse stato "la miglior band che tu abbia mai sentito" sarebbe stato "The best band you EVER heard". E' proprio in questa meravigliosa autoironia (dettata dal fatto che Zappa dovette cancellare mezzo tour, e per quello andò in perdita) la bellezza del titolo del disco stesso =)
Voto:
Concordo. Ogni canzone è uno scrigno di segreti.
Voto:
A me il disco piace molto. Non sarà un capolavoro ma lo trovo un ottimo album pop. Perchè di pop si tratta, tirato fuori dal garage, dall'indie, da dove vi pare, ma per me è pop. Pop di ottima fattura. Le canzoni non mi sembrano affatto tutte uguali, anzi!
Voto:
Lo ammetto, il solista di Fariselli mi manca... come quello di Tofani pre-conversione, peraltro...
Voto:
Ops, incollo il pezzo rimanente:

"Non se ne vedevano spesso ai concerti Area; nonostante il nostro legame con il jazz fosse sempre stato molto stretto, eravamo stati etichettati come musicisti rock (o salamadonnacos'altro) e non c'era verso di smuoverli.
Meglio così!
Iniziammo.
Litton era circondato da una struttura circolare dalla quale pendevano ogni sorta di percussioni, ammennicoli che parevano provenire più da una discarica che da un negozio di strumenti.
Demetrio diede sfogo a tutto il suo repertorio di vocalizzi che a quei tempi stava cominciando ad elaborare.
Lacy suonò il suo sax soprano nel modo a lui più congeniale: cioè con il massimo della libertà e Paolo estraeva dalla chitarra e dai suoi sintetizzatori suoni estremamente ricercati ed inusuali.
Dal canto mio scelsi, per quella sera, di non usare né il piano elettrico, col quale normalmente mi esibivo, né il sintetizzatore, bensì mi limitai a maltrattare un bel pianoforte acustico sia "preparandolo" (con chiodi, viti, bulloni, cunei di legno, feltro etc.), sia suonandolo in modo tradizionale.
Al solito, il pubblico spese i primi minuti per inquadrare la situazione, ebbe il sospetto e di seguito la certezza che la cosa sarebbe andata avanti così per un pezzo e ci rovesciò addosso tutta la disillusione di una serata apparentemente tradita.
Fu il tumulto."

Ad ogni modo, come dicevo, forse gli Area in "Caos (parte II)" riuscirono a sintetizzare i due elementi più estremi di Cage: la completa abnegazione del musicista (che improvvisa senza ascoltare gli altri) e la casualità della sua azione (comandata dai bigliettini). N'est pas?
Voto:
Beh, a loro modo anche gli area fecero qualcosa di simile, quando nel 1977 al famoso concerto nell'aula magna dell'università di Milano suonarono "caos".

Cito da ERRP | Expired Registration Recovery Policy

"Nel 1976, al tempo della registrazione di "Maledetti", ricevemmo una proposta di concerto da tenersi nell'aula magna dell'Università Statale di Milano.
Demetrio, Paolo ed io, approfittammo della presenza di Steve Lacy e Paul Litton, da noi invitati per una collaborazione nel disco, per sperimentare dal vivo "CAOS (parte seconda)".
Ci ispirammo a un aneddoto raccontato da Cage in "Per gli uccelli, conversazioni con Daniel Charles", che ci aveva colpito e divertito allo stesso tempo; raccontava di un gruppo di jazzisti di Chicago che un giorno gli si presentarono chiedendogli un consiglio per "...farli andare nella direzione giusta."
Quello che Cage suggerì loro fu semplice e allo stesso tempo difficile: suonare improvvisando liberamente ma... senza che ognuno ascoltasse quello che faceva l'altro. Era esattamente il contrario di quanto essi praticavano normalmente, infatti era prerogativa delle improvvisazioni collettive "free" di quegli anni, cercare una comunione di intenti; nonostante la dissoluzione delle forme convenzionali (soprattutto ritmiche) rimaneva la volontà dei musicisti di fondersi in un insieme organico, faceva parte del lessico di quella musica.
In questo caso dunque, seguendo l'indicazione di Cage, ogni musicista avrebbe dovuto portare avanti il proprio discorso non curandosi di quanto gli accadeva attorno. Potevano dire di no, e invece accettarono!
Cage raccontò che la sera del concerto, all'inizio le cose andarono molto bene, poi, piano piano, l'abitudine prese il sopravvento, cominciarono ad ascoltarsi, a rispondersi e la serata finì nel loro modo solito di intendere la musica, costruendo qualcosa collettivamente.
Commentò così: "E' molto difficile liberarsi!"
Ecco, noi invece volevamo esserlo davvero liberi e, nel concerto alla Statale, realizzare la proposta di Cage (alla nostra maniera s'intende).
Imbastimmo il progetto: preparammo una quantità di bigliettini su ognuno dei quali era segnata un'indicazione, un suggerimento da interpretare liberamente. Erano cinque, come i musicisti in scena: "Ipnosi, Silenzio, Violenza, Ironia e Sesso".
I biglietti vennero mischiati come un mazzo di carte e distribuiti a caso. Una dozzina circa, a testa.
Avevamo assegnato un tempo di tre minuti per ogni suggestione e quando il direttore d'orchestra (mio fratello munito di cronometro) segnava il tempo, ogni musicista passava al biglietto successivo interpretando l'indicazione come meglio riteneva e, comunque, indipendentemente da quanto gli altri facessero.
Fin qui nulla di particolare, sarebbe stato un concerto di musica contemporanea come tanti se ne fanno, se non che, tanto per cambiare, si ingenerò un equivoco che fece diventare il concerto una specie di trappola per molti dei convenuti quella sera.
La gente si aspettava un concerto "classico" degli Area; i ragazzi dell'università avrebbero voluto ascoltare i pezzi che già conoscevano: "Luglio, agosto, settembre, (nero)", "L'Internazionale", persino "Lobotomia" gli sarebbe andata bene.
Invece gli ammannimmo "CAOS (parte seconda)" e, nella seconda parte della serata "Event 76", variazione sul tema di "Scum", un brano che avevamo appena registrato in "Maledetti".
Forse sarebbe stato più corretto annunciare la particolarità della serata spiegando quanto si sarebbe eseguito, invece fu programmato un concerto "Area" senza specificare altro. In sala c'era anche mia madre (non mi perdonò mai di averla invitata).
Gran presenza di pubblico e di critica, (come si suol dire in questi casi) compreso, cosa insolita, un nutrito stuolo di critici e di appassionati di jazz; evidentemente incuriositi dalla presenza di Lacy e Litton.
Non se ne vedevano spesso ai concerti Area; nonostante il nostro legame con il jazz fosse sempre stato molto stretto, eravamo stati
Voto:
Mi sembra un disco di scarti dei "Marta sui tubi".
Forse il ragazzo si farà, non dico di no. Ma questo disco mi sembra una palla e basta.
Voto:
Grande disco, soprattutto perché registrato PRIMA della registrazione di THRAK, ma uscito subito dopo.
Ad ogni modo, se si vuole ascoltare il Doppio Trio DAVVERO in gran forma, secondo me bisogna orientarsi su altri lidi, cioè qui --> Vrooom Vrooom - Wikipedia, the free encyclopedia
Voto:
bel film
fumetto fantastico
ottima recensione

Ma, purtroppo, quanta tristezza...
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