L'addio di Stefano Achetto è una mazzata e si sente, la sua chitarra a me manca e non poco mentre da un punto di vista compositivo i tre porcellini rimasti sono indecisi su quale direzione prendere, se proseguire con un progressive allegerito (o un pop estremamente raffinato, come le ballad autunnali banksiane già assaggiate sul più valido disco precedente o una title-track, stupenda, di "A Trick of the Tail") o buttarsi su un poppetto da classifica più spudorato. Anche se è un ibrido e un lavoro chiaramente transitorio, il disco è comunque bello nel complesso. Per la prima volta ci sono 3-4 canzoni veramente impalpabili, che non lasciano nulla e sono poco riuscite ma ci sono anche 4 o 5 grandi pezzi (alcuni assolutamente pop, soprattutto "Many too Many", sempre piaciuta) per esempio "Down and Out" e "Burning Rope", le migliori del disco. Certo c'è anche Follow You, un indizio abbastanza evidente sul fatto che, alla fine, una decisione in testa ce l'avessero eccome. Ops.
  • Hai ragione, credo anch'io che fu proprio il successone nella classifica dei singoli di "Follow You..." a far precipitare definitivamente le loro coscienze, in favore dell'ignobile banalizzazione della loro musica.
    Ci avevano provato in qualche occasione anche prima, ma purtroppo i molto più pregevoli singoli "A Trick of the Tail" e "I Know What I Like" (questo ancora con Gabriel alla voce) non avevano centrato l'obiettivo.
    Una vera disdetta che Banks abbia allora interrotto per sempre il suo sviluppo come compositore progressivo di purissima ispirazione romantico/crepuscolare... Dopo i primi anni di comprensibile dedizione verso organo Hammond e mellotron, strumenti allora così "cool" e diffusi presso tutti i gruppi rock, era tornato alla grande (a cominciare da "selling England...") a mettere a profitto la sua grande predisposizione per il sul pianoforte (non certo virtuosistica, bensì orientata ad una struggente creatività), contemporaneamente sviluppando anche quella bellissima propensione agli assoli di sintetizzatore, anch'essi più "cantati" che virtuosistici, più di qualità melodica che esibizionistica.
    Questo è il penultimo disco dei Genesis che offre copiosamente saggi di grande pianoforte di Banks. Seguiranno giusto altri due lavori in tono, ossia il solista "A Curious Feeling" e il genesisiano "Duke".
    Poi game over... Unicissimo e isolato lampo finale (senza una nota di pianoforte, però) quella "Fading Lights" dell'album "We Can't Dance" del 1991, degna di stare tra le migliori dieci canzoni ogni tempo dei Genesis.
  • hjhhjij
    31 dic 19
    Si be, loro hanno sempre ammesso di aver cercato il grande successo, da giovani utopisticamente con un certo tipo di musica ben più ricercata (ma son sempre stati "pop" e molto melodici, i Genesis, o quasi sempre) poi dopo non si sono fatti troppi scrupoli a scrivere merda, se necessaria al guadagno. E dire che già Selling England o A Trick (l'album) avevano venduto bene in realtà (magari il singolo non molto, ma l'album ha avuto buone vendite mi pare) solo che volevano vendere ehm... Meglio. Su Banks concordo pienamente, e tra il 1976 e il 1980 ha saputo scrivere cose bellissime, come autore era maturato in quel periodo. Poi, vabbè (anche se su "Still" ci sono 2-3 canzoni che mi piacciono ma insomma, niente di più).
  • splinter
    3 gen 20
    Un ottimo disco di transizione, il primo a guardare verso il formato canzone ma ancora attratto da soluzioni particolari e da atmosfere particolarmente ricercate... Il brano più incredibile comunque è "Down and Out" ha una ritmica stranissima che non si trova da nessuna parte, con Collins che rompe quell'andamento apparentemente lineare inserendoci quella serie di colpi a sorpresa...