Grazie al solito mitico produttore Guy Stevens (quello dei Clash, tanto per essere chiari), quei due matti di Michael English e Nigel Waymouth si ravvedono in parte per quello che riguarda quella allegoria estrema e quasi carnevalesca, caleidoscopica e quella evanescenza da lsd del primo lavoro e registrano questo secondo disco con la solita tornata di innumerevoli guest e partecipazioni - tra cui quella del mitico Brian Jones. Gode di meno fama e celebrità del suo predecessore, ma in verità è uno dei migliori della psichedelia britannica di quegli anni e questo anche in virtù della maggiore compiutezza. È un lavoro più elettrico, che guarda più o meno consapevolmente alla psichedelia texana di quegli anni che all'immaginario orientale e quindi in qualche modo per quel momento storico 'fuori moda', e invece è un grande disco.

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