Fuori ci sono circa 40 gradi, l’umidità si attesta ad una media del 70% e la Sicilia è leader in Europa nella coltivazione di frutti tropicali come mango e avocado.
Ragionandoci su, in inverno poi la situazione non è tanto diversa, tifoni e piogge spingono per entrare in diretta concorrenza con i monsoni asiatici, l’unica nota positiva è l’olezzo di petricore o più comunemente definito “terra bagnata”, con quello una cioccolata o un tè caldo con miele hanno tutto un altro sapore.

Ritornando ad oggi e cercando di non divagare anche quando è assai difficile quando il tedio appiccicaticcio t’assale, decido di dedicarmi ad una delle mie più grandi passioni, la rasatura tradizionale.
Come ogni passione che si rispetti, la prima cosa è trascurarla il più possibile affinché lo stimolo sia massimo.

Scaldo l’acqua all’interno del lavabo, intingo il pennello in setola per ammorbidirlo e preparo il rasoio, un Muhle R89. L’unico dubbio riguarda il sapone, la scelta più ardua.
Sono indeciso se optare per un Cella, che conferisce una schiuma densa e compatta -ne consegue un’ottima scorrevolezza e protezione- con una soave fragranza alla mandorla che mi ricorda la frutta martorana che preparava mia nonna nel periodo autunnale, oppure, per sopperire all’afa un Saponifico Bagnoli agrumato, fresco d arance, limoni e zagare. Solo che è ancora sigillato e preferisco magari riservargli più tempo in futuro.

Poi vedo, nella mensola più alta di tutte, con immoto ieratico e presuntuoso, una ciotola verde scuro, la più consumata di tutte, Sapone Proraso linea verde. Il migliore non lo è mai stato, tende a seccarsi velocemente e montarlo non è semplicissimo, bisogna riconoscergli però la patria potestà d’ogni adolescente italiano, onnipresente nelle case, nei mercati e Barbieri italiani, oggetto sacro su cui si fonda tutta la pogonotomia, presente e passata.

Una volta che tutto l’occorrente è pronto, accendo lo stereo con spotify. Giro tra “Adesso" di Mango e “Fabio Concato”, album omonimo del 1984.

Le lamette cazzo, dimenticavo le lamette! Astra verdi.

Rieccoci... apro la ciotola e verso qualche goccia d’acqua calda per farlo ammorbidire, con impeto il profumo m’assale fin dritto al cervello. Nei pochi minuti d’attesa capisco di dover lasciar fisso in playlist tutto l’album di Concato. Mi piacerebbe parlarne, magari in una recensione più dettagliata però, perché la passione per la bossa nova, i testi leggeri e confortanti (alle volte ridondanti), l’acustica, la ricerca nelle melodie, gli arrangiamenti e le tastiere a tratti sognanti di Tempera, Tavolazzi al basso, il sax di Pascoli in "Festa di mare"... insomma, bisognerebbe parlarne si.

Inizio inumidendomi il viso con acqua calda, provo a montare la schiuma, il pennello è ancora troppo duro, maledetto maiale, è duro a cedere, avrei dovuto lasciarlo riposare in acqua tutta la notte. Proviamo allora, lo strizzo per bene, e via per prendere il sapone con un movimento circolare orario continuato (tutto di polso mi sembra ovvio). Monta, monta veloce, monta ma monta male, spennello tutto il viso cercando di compattarla alla bell’e meglio. Immediato il refrigerio, afa dileguata.

Il fatidico momento è giunto, metto Concato in pausa, non vorrei che il suono scabro del rasoio passasse in secondo piano.

Mentre mi rado penso sempre a tre cose:
La prima è che devo disfarmi di questo pennello e prenderne uno sintetico quanto prima.
La seconda, se in questo momento al posto delle mie mani ci fossero quelle di una donna, direi di una bella donna... ma chi avrebbe la forza di tenere gli occhi aperti?
Infine penso alla prima rasatura, penso a mio padre. È uno di quei momenti da figlio in cui lo sguardo di un genitore non è mai stato così vicino: minuzioso e paziente come quello di un calligrafo, premuroso e fiducioso come quello di una madre.
Non che fosse un esperto tonsore ovvio, ma l’ansia di sbagliare c’era sempre, e sempre era rispettata.

Cristo! Devo sbrigarmi che si sta asciugando il sapone, in più il montaggio è stato disastroso, l' ho montata ad aria ed è opaca, sinonimo di secchezza, dovrebbe essere bella lucida.

Oggi come ieri la punta non scorre bene.

Sono pure le 4 di pomeriggio e non ho la mascella abbastanza riposata, l’afflusso di sangue e maggiore e senti come pulsa. Il taglio è assicurato.

Do un’occhiata veloce ai fiori nell’erbario della copertina: si incontrano e seguono, scontrano e precedono con quelli all’esterno.
Ricordo i viaggi in macchina, dal giardino di casa al cinereo porto di Napoli fino ad arrivare ai miti colli Toscani.
L’eucalipto e il mentolo del sapone ammalviscono senza distinzione di testa, cuore o fondo nel tragitto dei ricordi profumi e fragranze:
Gelsomino, timo e salvia.
Basilico e rosmarino.
Prezzemolo, lavanda e anice.
Mio padre sereno fischiettando "Guido Piano" e "Fiore di Maggio".

Non ci siamo, nella seconda passata troppa acqua nel pennello, con questo effetto slavato porgo la guancia ai cerotti.

Tra una rasoiata e l’altra rimugino nuovamente, altro giorno leggevo di come l’olfatto sia strettamente e direttamente legato a parti del cervello come l’ippocampo e al sistema limbico e l’amigdala. Emozioni, memoria e azioni tutti intrecciati tra di loro.
Voglio credere valga anche per l’udito.

Credo di aver finito.

Mi tampono il viso e mi guardo allo specchio gocciolante.
Scruto con mimica facciale pari a quella di Franco Franchi ogni sottangolo di labbro e mascella.
Quattro schiaffi di dopo barba ed è tutto un fuoco, è stata una delle rasature più disfattiste che abbia mai fatto.
Anche se non penso abbia tanta importanza, ho capito il perché la linea proraso verde sia la più venduta di sempre... riposta nello scaffale più in alto, con immoto ieratico, dove merita di stare.

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