Già li vedo, appollaiati su Hisingen blues a buttare giù centinaia di giudizi negativi verso i Graveyard e il loro modo "non innovativo" di approcciarsi alla musica. Come fu per l'omonimo debutto, anche per il secondo cd, questo "Hisingen blues", una larga fetta di critica li ha stroncati. Le band "nostalgic" non piacciono a coloro che capiscono di musica, a quelli che vogliono sempre innovazione, sperimentazione e scelte "evoluzionistiche".

Perchè riproporre il blues dei Led Zeppelin e il grezzume dei primi Black Sabbath nel 2011?
Semplicemente per fare "musica" risponderebbero gli svedesi Graveyard, capitanati dalla voce di Joakim Nilsson. Prima di riproporre quella che molti definiscono come "la solita solfa" i Graveyard hanno saputo dimostrare di saperci fare con il loro debutto (2007), tanto che sono riusciti anche ad approdare alla Nuclear Blast, cioè non proprio l'ultima casa discografica del pianeta. E se molti hanno storto il naso a questa notizia, forse preoccupati di una possibile banalizzazione della proposta, la risposta della band è quanto di più positivo ci si poteva aspettare.

La miscela di blues, hard rock e psichedelia (senza dimenticare qualche collassata di "doom vintage" qua e là) riesce di nuovo ai quattro membri del gruppo, che dimostrano una notevole maturazione sia nella stesura dei brani che nella loro caratterizzazione, senza contare poi il notevole passo in avanti fatto nella registrazione. L'inizio trotterellante di "Ain't fit to live here" ci spedisce i primi piacevoli segnali di questa maturazione, mentre "No good, Mr. Holden" pur non rappresentando un episodio del tutto riuscito ci fa vedere anche il lato più psichedelico del combo, che più e più volte verrà a cercare l'ascoltatore in questa traversata (splendida la copertina).

Poco importa se i Graveyard non rinnovano nulla: il loro limitarsi a riproporre questa miscela di hard rock dal profumo seventies basta a creare delle vere e proprie perle. In questo senso la titletrack diventa il monumento del cd, corredata da linee vocali perfette e da un mood generale da "bava alla bocca".

I Graveyard hanno il grande merito di riuscire a sprigionare pathos ed emozioni anche da un genere ormai paurosamente saturo: "Longing" e la finale "The siren" sono gemme di psichedelia, venate da un sound che nel suo sguardo al passato trova un appiglio fondamentale. Due pezzi che bastano a spazzare via tutti i dubbi sulla classe dei Graveyard.

"Hisingen blues" non inventa nulla di nuovo. Non ha la pretesa di mostrarsi originale o commerciale: è volutamente "datato". Forse manca qualche fuga solitaria degli strumenti, dato che sul piano strumentale non è tutto perfetto, ma i Graveyard sanno comunque produrre pezzi che puzzano di whiskey. Calcolando che vengono dalla Svezia ci riescono davvero alla grande...

1. "Ain't Fit To Live Here" (3:05)
2. "No Good, Mr. Holden" (4:46)
3. "Hisingen Blues" (4:13)
4. "Uncomfortably Numb" (6:11)
5. "Buying Truth (Tack Och Forlat)" (3:27)
6. "Longing" (4:49)
7. "Ungrateful Are The Dead" (3:10)
8. "RSS" (3:48)
9. "The Siren" (6:01)

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