Cari Amici, avvengono strani "fenomeni" nell'esperienza di un musicofilo. Il più delle volte, le scelte musicali mirate, il consiglio giusto, lo "studio" delle opere di un dato artista portano ad individuare già da subito (al momento dell'uscita) il disco valido, apprezzarlo nel tempo e (se si è fortunati) seguire anche dal vivo l'evoluzione artistica del cantante/gruppo di riferimento.

Alcune volte, però, per una serie di motivi ciò non avviene. Ci sono dischi che, magari acquistati distrattamente, dopo alcuni ascolti ancor più frettolosi vengono inesorabilmente riposti nel fatidico scatolone dei ricordi che, quasi sempre, viene lasciato a prendere polvere in soffitta o in cantina.

A volte accade che lo scatolone (magari dopo 10-15 anni) venga "a galla" in occasione di lavori di manutenzione straordinari alle unità abitative!

Così, quasi per curiosità, si decide di aprirlo per riascoltare qualche vinile li contenuto di cui non ci si ricorda proprio niente.

Beh, in qualche rara occasione, ad ascolto terminato, vien quasi voglia di prendersi sonoramente a schiaffi in faccia! Questo è quanto mi è capitato alcuni giorni orsono quando ho terminato il ripetuto ascolto di questo "Hash" splendido album datato 1993 degli Hash.

Quale rimorso mi ha attanagliato per il suo accantonamento di ben tre lustri!!!

Questo disco è un puro concentrato di idee. Già la copertina (caso abbastanza raro) lascia presagire ciò che si andrà ad ascoltare nell'opera che è un "omogeneizzato" di stili musicali che vanno dal Funky al Punk anni 80, dal Rock "old-fashioned" ad un Rock via via più duro fino ad estremizzarsi (a ben ascoltare) in sporadiche puntatine psichedeliche.

Il terzetto in questione, a mio avviso dotato di talento e tecnica, mescola uno ad uno gli ingredienti di una ricetta gustosissima e raffinata.

Il cantante/chitarrista, tale Seth Abelson, pur cantando molto bene e suonando ancora meglio, riesce nell'impresa di non risultare mai "eccessivo" nonostante la discreta mole di riff che ci propone.

Non so ben descrivere a parole, invece, quanto bravo ed in alcuni passaggi "funambolico" possa essere il bassista Aaron Collins che suona anche alcune apprezzabili parti di piano. Esegue con maestria assoli di basso che raramente si ascoltano in un'opera come questa ed aumentano l'atmosfera "groovy" in più di un brano (ad esempio in "Ghetto").

Dal canto suo il batterista Mike Caldarella (bravo comunque) poco fa e poco DEVE fare per non aggiungere virtuosismo ad un lavoro che, altrimenti, risulterebbe tronfio.

Per tutta la durata del platter, in tutte le 14 composizioni ("Twilight Ball", "Ghetto", "Mr. Hello", "In The Grass", "Orchard Moons" e "I'm Down" alcune delle migliori) si respira aria fresca, aria di qualcosa di nuovo, sebbene lungi dall'essere rivoluzionario. Ottima musica per quasi tutte le occasioni della vita di tutti i giorni.

Unico appunto lo farei su alcuni testi a mio avviso un tantino banalotti, ma, in questo contesto musicale più che accettabili.

Nel suo piccolo un capolavoro! Se solo 16 anni fa gli avessi prestato più attenzione mi sarei divertito molto, ma molto di più con gli Hash di cui ho completamente perso le tracce. Peccato! 

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