Non esistono più le mezze stagioni. O perlomeno vorremmo che non esistessero. Pensateci, sarebbe tutto molto più semplice. Se non è bianco è nero, se non è caldo è freddo, al diavolo sfumature impercettibili e ricerche continue di un equilibrio improbabile e fragilissimo come le zampe di un piccolo cerbiatto, confuso e spaventato di fronte alle complessità di questo mondo. Così dev'essersi sentito anche il giovane Icaro, sbattuto in una trappola mortale per colpa del padre e costretto a fare i conti con la propria fanciullezza ed inesperienza in circostanze così ingiuste e frenetiche come la fuga dal labirinto del Minotauro.

Si dice che il ragazzo, durante gli atti che portarono alla sua morte, peccò di arroganza...  Che anche Jochen Petersen (ricordate l'ospite nel disco dei Tomorrow's Gift?) abbia commesso la stessa leggerezza? Fondò una propria casa discografica (la +Plus+) in tempi in cui ne nascevano tante quante ne affondavano e realizzò un album sperando che potesse essere il primo di una lunga serie. Non fu così. La sua etichetta "cadde dal cielo" dopo aver pubblicato pochissimi titoli e gli Ikarus rimasero discograficamente fermi al loro debutto omonimo del 1971.

Il connubio tra progressive e jazz-rock che permea questo lavoro, realizzato ad Amburgo, è stato ottenuto tramite gli sforzi del sopracitato fiatista a capo del progetto (addetto a sassofono alto e tenore, flauto e clarinetto, nonché alla seconda chitarra), oltre a quelli del bassista Wolfgang Kracht, del chitarrista Manfred Schulz, del tastierista Wulf-Dieter Struntz, del batterista Bernd Schroder e del cantante Lorenz Köhler; quest'ultimo immediatamente in prima linea con il testo fortemente moralistico di "Eclipse", dove, ad un primo momento dominato dalle chitarre e dal basso, segue una lunga divagazione d'organo, a tratti circondato dal tiepido manto generato dalla tastiera, similmente a come accade in "Early Bell's Voice", in cui è il piano, dopo una toccante introduzione solista, ad intensificare le sferzate organistiche su cui si appoggiano i duetti, eseguìti all'unisono, di chitarra e sax, qui in connubio tale da apparire come una sola entità musicale. I due membri del reparto ritmico si danno battaglia nel corso di "Mesentery", mentre il flauto, leggero e spensierato, vola sopra di loro, in attesa di essere sostituito dall'aggressività del sassofono durante i primi minuti della seguente "The Raven", assoggettata in seguito dalla distesa egemonìa delle chitarre, che spingono dolcemente il brano, complice anche il ritorno del pianoforte, verso una quieta deriva.

Il volo di questi ragazzi s'interrompe qui, in maniera improvvisa ed irreversibile come fu per il mitologico personaggio da cui presero ispirazione e che, a quanto pare, condivise con loro ben più del semplice nome.

Pensandoci bene, in fondo, non fu solo presunzione o ingenuità quella che spinse Icaro ad inseguire il desiderio cocente di volare sempre più in alto, ma la voglia di rivalsa e l'orgoglio di individuo che si manifestò nel voler passare direttamente dal nero della sua vita, vista come merce di scambio dal padre che sarebbe stato ben felice di venderlo come schiavo pur di tornare alla sua Atene, al bianco delle nuvole dipinte nel cielo e alla sensazione di totale libertà che scaturì da quelle magiche evoluzioni. Una vita perciò si spense nel suo momento di massimo fulgore, dopo aver assaporato la gioia più vera e intensa che avrebbe mai potuto immaginare... Non ne sarà forse valsa la pena?

Carico i commenti... con calma