?New Wave Of British Heavy Metal=Vedi Iron Maiden.
Con questa sintetica definizione voglio sì ricordarvi che gli Irons SONO la NWOBHM, ma voglio anche spiegarvi i fattori che mi hanno portato ad apprezzare un capolavoro unico come il debut album dei cinque.
Avevo circa otto anni quando, dopo aver momentaneamente messo da parte il live probabilmente di contrabbando ?The Harder They Come?acquistato in un?apparentemente insignificante bancarella al mercato del mio paese, andai un pomeriggio a trovare il mio cugino Antonio, che, quindicenne al tempo, era un grande appassionato del movimento che aveva infuocato la Gran Bretagna nei primi Anni ?80, collezionando quindi molti dischi di bands storiche quali Venom, Judas Priest, Black Sabbath, Motorhead, che meglio esprimevano la rivoluzione musicale in corso.
Quel caldo pomeriggio d?Agosto lo passai con lui in camera ad ascoltare un disco che ormai gli era entrato in testa arrivando a canticchiarlo addirittura nel sonno.Il disco si chiamava semplicemente ?Iron Maiden?, un nome che avevo già sentito ma non ricordavo dove, quando e perché.
Fatto sta che il cd era abbastanza di mio gradimento, tanto che riuscii a corrompere il buon vecchio Tony, che mi lasciò dopo innumerevoli sforzi (che non vi dico neanche) il disco in custodia, con la solita clausola della castrazione nel caso gli avessi rovinato il cd.
Sono passati otto anni, e quel cd è ancora in bella vista nella mia collezione di musica-lì, sempre disponibile quando ci si vuole rilassare, tralasciando per un momento le sonorità Thrash/Death che mi fanno fischiare le orecchie per tutto il giorno e tornando negli Anni ?80 per una mezz?oretta abbondante.
Gli Irons al tempo erano quelli originali, non quei simpatici nonnetti che oggi infuocano le nostre orecchie a suon di pastiglie per i reumatismi e stecche di legno per le ossa rotte tentando di saltare durante un live.
Originali, dunque: Paul DiAnno alla voce, eccezionale, caldo, ricco di feeling, la classica persona che ?ci crede?, non ai livelli vocali di Dickinson ma comunque veramente emozionante, supportato sublimemente da una parte strumentale in formissima, il mitico Dave Murray alla chitarra e il collega Dennis Stratton alla seconda sei corde, e una sezione ritmica tra le migliori (se non la migliore) dell?epoca, un Clive Burr sicuramente meno tecnico ma assolutamente meno freddo del buon Nicko McBrain e un geniaccio del calibro di Steve Harris al basso, autore di quasi tutte le canzoni in questo capolavoro.
Essendo il disco che mi ha avvicinato per la prima volta alle sonorità ?pesanti?, esercita ancora oggi un gran fascino su di me, che lo reputo addirittura superiore al tanto blasonato ?The Number Of The Beast? di due anni dopo.
Sì, ogni traccia è qualcosa d?eccezionale, dall?opener ?Prowler?, ricca d?echi che rimandano ai Kiss, alla furiosa ?Sanctuary? che presenta un super lavoro di basso del geniale Steve Harris, passando per la meditativa ?Remember Tomorrow?, la selvaggia ?Running Free? con alcune leggere caratteristiche punk, la semplicemente sbalorditiva ?Phantom Of The Opera?che ispirò gli Slayer nella loro ?Metalstorm?, una delle mie canzoni preferite, la strumentale priestiana ?Transylvania?, che ancora oggi mi fa venire la pelle d?oca e mi rizza i peli delle braccia, con quelle chitarre doppie e il riff semplicemente geniale, la canzone-momento di pausa ?Strange World?, la murrayana ?Charlotte The Harlot? e la conclusiva title-track, che col suo incessante tupatupa avrebbe anticipato di qualche anno la struttura tipica del Thrash.
Il gruppo preferito di Kerry King colpisce per la prima volta.Velocità e tecnica (per l?epoca) sbaloriditva e senza compromessi, testi non proprio eccezionali ma in ogni caso gradevoli, che invitano a correre liberi e a godersi la vita, una sezione ritmica che colpisce e ispira ancora oggi per la perfezione degli azzeccatissimi suoni e super lavori di chitarra.
Non credo che le mie inutili parole riusciranno mai a rendere giustizia a questo disco?

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