Una stanza piccola e buia, una luce al neon intermittente e tante sigarette accese, a creare cascate di fumo risucchiate dall'eden.

C'è un alba che sta per sorgere e un'anima turbolenta, disturbata da quella cosa scomoda chiamata emozione. C'è un disco nel lettore e riempie la stanza di calore e ombre. Una voce con il timbro che ricorda un Antony ancora più introverso e un continuo pulsare di battiti più lenti del cuore si stabiliscono, dislocandosi, nell'aere. 

Teatro minimale delle nostre fragili sensazioni di cristallo, con il marasma sussurrato, tendente al crollo emotivo di un sofferto incendere che prende il nome di "Unluck", il sipario che si apre sulle vertigini di "Whilhelms Scream", perla dove il soul rieccheggia in un continuo emergere e rituffarsi da acque torbide, attraverso un ostacolo di fumogeni grigi che ostacolando cenere e polvere, che sommergono la patina perfetta della struttura musicale. 
Il cammino che porta alla bellezza devastante di "I Never Learnt To Share", flusso di danze e di disperazioni gettate contro uno specchio offuscato. è il torbido rieccheggiare del trip hop con l'anima, delle dolci efferatezze del cantautorato più permeante. Un pezzo che pare un sogno, da quanto sembra uscito così come doveva uscire, prodotto dalla mente di un ragazzino perso tra le nubi post-temporale.

La sommessa "Lindesfarne", glaciale nenia elettrificata, ci trasporta verso gli oblii di una meravigliosa cover di "Limit To Your Love" di Feist, coito di anima ingenua e battiti dall'oltretomba e l'intermezzo quasi low-fi di "Give Me My Mouth", quando "To Care (Like You)" fa il verso alle prime Cocorosie senza citarle, ma restando sempre nella condizione, seria e appassionata, di un'identità da ritrovare attraverso il languido volteggiare di suoni e voci, di un teatro che si svuota e si riempie e di un cuore devastato che non vuole smettere di amare.

La brevissima, pianistica, ballad "Why Don't You Call Me?" ci trascina verso i ritmati oblii di "I Mind", virulento contrasto di luci ed ombre, schegge di vita che implodono ed esplodono, rarefacendosi nel quasi-gospel di una non perfetta, ma comunque godibile "Measurements": l'ultimo bacio sulle palpebre chiuse prima di andare a dormire.  

La stanza resta vuota ed immobile.

Ma ogni volta che la valichi, sei sul baratro. Un abisso che ti si apre sotto i piedi, ogni volta diversificato, ogni volta trascinante e pericoloso.  

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