L'hip-hop è un contenitore.

Immaginate una scatola che da cinquant'anni viene riempita incessantemente e da venticinque ha iniziato a sputare fuori cose. A volte grezze, a volte monocordi, a volte sensuali, a volte becere, a volte incazzate, a volte commerciali, a volte visionarie, a volte geniali…

Ora pensate ad alcune tra le cose più strane che sono uscite da questa scatola: a me salta in mente la bassa fedeltà lisergica dei cLOUDDEAD e il cupissimo wall of sound dei Dalek. Bene, prendete questi due gruppi e chiudeteli nella stessa stanza con una strumentazione poverissima e… Ecco a voi i Kill The Vultures.

Questo è il loro esordio: un pazzo lavoro in cui si mischiano attitudine punk, sonorità jazz ed atmosfere che ricordano molto le profondità metafisiche raggiunte da certi dischi dream-pop durante i tanto bistrattati eighties. L'urgenza comunicativa rimane la stessa dei niggaz del ghetto, le voci che s'incrociano tanto ricordano il Wu-Tang Clan ma un Clan intellettualizzato e cinematografico. L'atmosfera è dura e scarna, il fruscio del giradischi sotto un cielo grigio industriale e pressante. Le canzoni non sono scherzi, entrano nel cranio sin dal primo ascolto e feriscono al cuore ricche di sincerità. Quei piccoli inserti jazz (siano frasi di tromba, giri di basso o delicate spazzolate sul charleston) arricchiscono un sound che non fa concessioni alla facilità. La batteria spesso picchia come neppure in un disco degli Stooges (Hidden Signals e 7-8-9 con tanto di chitarra distorta in sottofondo). Il rapping è veloce e di chiara matrice nera.

Cazzo, che meraviglia di disco! Non siete convinti? Bè, tenetevi forte che arriva il trittico di chiusura. Beasts Of Burden è già un classico nell'incedere pesante dell'introduzione strumentale e l'arrivo delle voci ti apre letteralmente il cuore. Hoel N'Heal è un dolce rifiatare jazzato, un momento di riposo prima della conclusiva e spiazzante Behind These Eyes (con tanto di chiosa pianistica e struggente).

Un disco dal mood oscuro ed intransigente, una delle vette più alte raggiunte (per ora) dalla sperimentazione in campo hip-hop. Altro da ciò cui siamo abituati, sorprendente. Forse un passo obbligato per chi vorrà impegnarsi in questo liberissimo campo.

 

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