Esistono poche cose atmosferiche come i Labraford, il loro sound è qualcosa di incredibilmente diafano, una vibrazione che si nutre di ombre stentoree, ma anche dei silenzi agresti, prima di decollare ineffabilmente verso la volta stellata.
La trascendenza diventa per forza di cose l'emozione predominante.
Questo disco del 1996 è uno scrigno di desideri riposti, da aprire di tanto in tanto una notte a caso.
Play... strati di vecchi mini moog ipnotici cominciano il loro cammino in background, quasi a creare un cuscino morbido, ovattato. E un ascensione, ed è di una bellezza scultorea.

Ogni secondo trasuda luci artificiali (o delle stelle), movimenti lenti, movimenti in apnea, potresti stare ore di fronte ad una finestra e non accorgerti del tempo che ti sfila di fronte, in attesa di quei pochi secondi in cui una linea di synth eterea mescola le sue vibrazioni alle forme che costantemente si incunenao sullo sfondo (percussioni, violini, giochini trippy hop di Bristol, twang di chitarra). Note d'organi siderali dalle tinte celestiali impegnate a dubbare quell'aria da noir derivata dalla fascinazione contemplativa implicita nell'immobilismo della narcosi.
Rispetto ai corrieri cosmici tedeschi i Labradford portano con loro un'ispirazione più moderna, come ad esempio la musica da film di Angelo Badalamenti, e nel successivo disco (Mj Medja Naranja) quello di Morricone.
Un tessuto sonoro stilizzato e moderno, substratato da infinite cesellature ambientali in panneggi che non sono minimamente invecchiati.
La loro musica risulta così profondamente suadente e profondamente emotiva, ogni movimento finisce per essere a tutti gli effetti visto da lontano. Chiarissima la sensazione che questo avanzare-ma-a-ritroso non sia altro che il desiderio di abbandonarsi al potere selettivo e davvero antagonista della narcolessia.

In lontananza se guardassimo dal cosmo, si staglierebbe la sagoma della città a suo modo tentatrice: con le sue fatue luci taumaturgiche e tutte le sue effimere icone turgide, dalle quali ci si può liberare soltanto chiudendo gli occhi e percorrendo strade che lasciano la loro impronta -sulla mia pelle-.
L'effetto dormi-veglia o notte reale nell'aria cosmo-polita della metropoli non è mai un filtro neutro in Labradford, ma una diffrazione di unkown pleasures capaci di modificare la stessa percezione dei rapporti interpersonali, dove - ...dall'altra parte adesso non sta cambiando niente... corro attraverso le tue strade deserte... luce dissolta sul tuo volto dissolto.


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