Considerato che ci troviamo di fronte ad uno di quei gruppi che meglio ha saputo contribuire all'ideazione ed allo sviluppo di quel genere che conosciamo tutti per un termine di cui oggigiorno si fa anche un improprio ed eccessivo uso, rock per l'appunto, un cenno storico alla band tra le più rappresentative di un suono viscerale ed incendiario che sarà oggetto di confronto per i propri contemporanei ed icona imperitura per le generazioni a venire, mi sembra doveroso.
Yardbirds è il nome del gruppo di Eric Clapton (molto vicini ai Rolling Stones ma fortemente attaccati al blues) da cui tutto ha avuto inizio, proprio quando proprio il giovane Eric originario di Ripley nel Surrey (UK), di seguito all'incompatibilità con le scelte del proprio manager Gomelsky, abbandona i suoi compagni offrendo la possibilità di entrare nel gruppo ad un giovane e popolare chitarrista di ventuno anni rispondente al nome di battesimo di James Patrick Page. L'offerta, in virtù del forte legame di amicizia esistente con Clapton, verrà inizialmente rifiutata e presa in considerazione a distanza di quasi un anno, periodo nel quale un altro asso della sei corde tale Jeff Beck, riesce a destare interesse nei confronti della formazione. L'avventura con gli Yardbirds serve a Jimmy Page a farsi le ossa dal vivo con le tournèe intraprese in Australia, Scandinavia, Giappone ed U.S.A. dal cui ritorno si sciolgono nella primavera del 1968. La riflessione del giovane JPP porta a riconsiderare l'amicizia con John Paul Jones (vero nome John Baldwin), che condurrà dritto a contattare un certo Robert Anthony Plant e ad un tale dal curioso soprannome di "Bonzo", ufficialmente John Henry Bonham.
Dopo diversi periodi di prove nel settembre del 1968, i quattro intraprendono con il nome di New Yardbirds un giro di concerti con cui forgiano il loro sound essenziale, nonchè il nome con cui tutti li conosceranno: Led Zeppelin. Nel mese di ottobre i quattro entrano in studio e con un budget di 1.750 sterline più quasi trenta ore di lavoro, incidono ben nove tracce che gli varranno un multimilionario contratto con la Atlantic.
"Good Times Bad Times" è il brano con cui il gruppo si presenta, mostrando sin dall'attacco iniziale a base di Telecaster una stupenda miscela di suoni incandescenti, che vanno a preparare la strada ad un assolo fulminante e a un ritornello di facile presa. Con "Babe I'm Gonna Leave You" - in principio un traditional folk -, si assapora un brano caratterizzato fortemente da quel continuo viavai di atmosfere morbide ed elettriche che la dicono già lunga su come Page&Co sappiano sapientemente muoversi tra le dinamiche dei suoni, dando modo a Plant di esprimere al meglio le sue urla invocanti la parola "Baby", a cui successive generazioni di rock singers dovranno molto. Se volete constatare con le vostre orecchie cosa significhi parlare del blues in termini di musica del diavolo, andatevi ad ascoltare "You Shook Me", la cui spina dorsale è rappresentata da un riff lento ed intenso ed una passionale performance vocale che ben si congiunge con l'harmonica, senza dimenticare le valenti intrusioni di Jones all'organo. Il carattere esangue delle note di "Dazed And Confused" prepara un tappeto sonoro attraverso cui la coppia Plant/Page esterna al meglio la fine abilità di incarnare un'interpretazione drammatica, lasciando al contraltare ritmico della combinazione Jones/Bonham, la delicata incombenza di scolpirne il lato più ossessivo e conturbante. La b-side del caro vinile si apriva con "Your Time Is Gonna Come", brano totalmente all'opposto di quanto ascoltato sino ad ora, sia per il morbido incedere ritmico che lo distingue, quanto per la solarità del ritornello cantato dall'intera band in netto contrasto con un testo così esplicito, in cui un uomo decide di far pagare alla propria donna una volta per tutte l'nfedeltà consumata (Watch out woman. No longer is The joke gonna be on my heart. You been bad to me woman But it's coming back home to you Your time is gonna come: Stai attenta, non ho intenzione di continuare Questo gioco a lungo: Sei stata crudele con me donna, Ma adesso sta arrivando il tuo turno. Sta arrivando la tua ora).
La strumentale "Black Mountain Side" fa da preludio alla genuina aggressività di "Communication Breakdown", una traccia immediata che aiuterà il gruppo a ritagliarsi la reputazione di hard-rockers di razza, divenendo subito un classico. Dopo "Dazed And Confused" il blues di Willie Dixon approda ancora tra questi solchi con "I Can't Quit You Baby", dove i preziosismi di Page che guidano la struttura del pezzo riequilibrano in modo impareggiabile i lancinanti vocalizzi di Plant, il tutto ben condito con la nodale e al tempo stesso complementare attività della sezione ritmica. "How Many More Times" (il cui riff potrebbe aver rappresentato dal punto di vista compositivo una base di partenza per la scrittura di "Black Night" dei Deep Purple), che viene posta in chiusura di album, può dirsi di essere considerato la vera summa dell'intero lp, in quanto è possibile godere nei suoi abbondanti otto minuti di durata quanto ascoltato nei brani che l'hanno preceduta. Si ha perciò modo di apprezzare tutta la carica sensualmente espressiva di un Plant che attinge a piene mani da "How Many More Years" di Howlin' Wolf, come l'eclettica dicotomia ritmica in cui Page spazia quando con assoli, quando con efficaci stilettate a base di archetto di violino.
Il disco che si distingue anche per avere come copertina la semplice raffigurazione della fine del dirigibile Led Zeppelin, è la prova tangibile di un gruppo dotato di una forte personalità artistica e di una chiarezza sulle direzioni musicali da intraprendere che aiuterà la band a svilupparsi e a muoversi con determinazione, contribuendo alla nascita di un genere a cui attingeranno legittimi ed onesti eredi, quanto inutili plagiari solo desiderosi di fama ma privi della genialità dei loro capostipiti.
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